Uno dei paesi più pericolosi al mondo da visitare per i turisti è senza dubbio la Somalia; è ormai consuetudine sentire notizie di sequestri, episodi di pirateria e dei continui scontri che da oltre vent’anni insanguinano il paese in una terribile guerra civile che ha ridotto allo stremo la maggior parte della popolazione. Ed è un peccato, dato che la zona del cosiddetto Corno d'Africa, sarebbe una delle più belle del mondo, dal punto di vista paesaggistico e turistico.
Nell’antichità la regione dell’attuale Somalia faceva parte del regno di Axum fino quando, nel VII secolo, alcune tribù arabe si stabilirono sulle sue coste fondando il sultanato di Adel, sviluppatosi attorno al porto di Zeila.
Nel XVI secolo il sultanato si frammentò in numerosi piccoli stati indipendenti, molti dei quali governati dalle tribù dei somali, che nel XIII secolo erano giunte sul territorio provenienti dallo Yemen; fu così che Zeila entrò nella sfera d’influenza yemenita prima di cadere successivamente sotto il dominio dell’impero ottomano.
I primi europei ad impossessarsi della regione furono gli inglesi, i quali nel 1839 assunsero il controllo di Aden (nell’attuale Yemen) e da lì gestirono l’intera zona dal punto di vista portuale e commerciale. Sul finire del XIX secolo fu la volta dell’occupazione di alcune città costiere da parte dell’Egitto, che furono tuttavia ben presto riconquistate dagli inglesi interessati a mantenere il controllo dell’importante rotta commerciale che da lì transitava dopo la recente apertura del Canale di Suez. In quegli stessi anni giunsero anche le truppe italiane, alle prese con l’esperienza coloniale; i primi anni del XX secolo videro le rivolte della popolazione locale contro gli inglesi, costretti in parte a ritirarsi prima di riprendere il pieno potere nel 1920.
Nel 1950, sotto la supervisione dell’ONU, il governo militare inglese cedette il passo all’amministrazione italiana, prima che nel 1960 la stessa ONU approvasse l’indipendenza della Somalia, che si riunificò definitivamente con l’antico protettorato britannico.
Nonostante le migliaia di chilometri di costa, non sono molti i porti naturali di cui dispone il paese; il territorio presenta rilievi (soprattutto nel nord) che raggiungono anche i duemila metri di altitudine, mentre il meridione è prevalentemente collinare.
I principali fiumi somali sono lo Shebele, che scorre nella zona centrale e lo Yuba, che compie il proprio percorso nel sud; il nord è invece semi-arido ed i pochi corsi d’acqua non sono permanenti.
Come si diceva in apertura, è difficile pensare ad un viaggio di piacere in Somalia, un paese che è salito alla ribalta negli anni Novanta per la guerra civile combattuta tra i diversi clan che ambivano al potere e per la conseguente carestia che ha ucciso per la fame milioni di persone; anche quelle che sarebbero potenzialmente le principali attrazioni del paese – ossia le maestose spiagge selvagge affacciate sull’Oceano Indiano – passano in secondo piano a causa dell’assoluta pericolosità di una nazione che non riesce trovare pace.
La capitale Mogadiscio, nella regione del Benadir, si trova poco a nord della linea dell’Equatore; questo è il cuore commerciale e industriale del paese.
Un tempo la città era una rinomata località turistica sull’Oceano Indiano grazie alle sue spiagge ed ai monumenti, ma con la guerra ogni cosa è stata distrutta ed oggi non resta altro da vedere se non la moschea del XIII secolo; a chi volesse vivere qualcosa di più tradizionale, si raccomanda una visita al vecchio mercato cittadino, detto Bakara, dove si trovano prodotti di ogni sorta. Si ricorda in ogni caso che i prezzi di merci e servizi sono tutt’altro che economici a causa della loro scarsa disponibilità.
Anche la città di Baraawe, più a sud di Mogadiscio sulla costa, fu in un tempo lontano un’importante città commerciale. Circondata dal deserto, porta ancora molte tracce architettoniche della dominazione araba dei secoli scorsi.
Marka è invece una località industriale, oggi dedita soprattutto all’attività peschereccia, anche se prima della guerra era conosciuta per la produzione di giornali e riviste nazionali; dal suo porto partono navi che esportano prodotti agricoli come banane, canna da zucchero, cotone e tabacco.
Nei pressi del fiume Uebi Giuba sorge invece Gelib, in una zona dove vivono anche numerosi animali selvatici tra cui scimmie, gazzelle e diverse specie di uccelli. Purtroppo al momento non esistono parchi nazionali, ma si spera che in un prossimo futuro, con il miglioramento delle condizioni del paese, quest’area possa divenire il Parco Nazionale di Lag Badana.
Anche la Valle Nogal fu nel passato una regione fertile, ma l’aridità e l’erosione del suolo l’hanno convertita in un luogo desolato, che tuttavia in alcuni periodi dell’anno – nella stagione delle piogge – diventa difficilmente raggiungibile a causa delle pessime condizioni delle strade.
Qui vivevano mandrilli, ippopotami, coccodrilli, dik dik e cammelli che ora si sono dovuti spostare per ragioni di sopravvivenza; ippopotami e coccodrilli si possono comunque ancora vedere lungo le sponde dei fiumi Juba e Shebelle.
Si ricorda che i viaggi nel paese sono comunque sconsigliati, esistendo la viva possibilità di scontri tra clan nonché il forte rischio di sequestri ed omicidi ai danni degli stranieri; non esiste di fatto un governo nazionale somalo che possa garantire sicurezza o protezione pubblica, anche se alcune zone del nord sono relativamente tranquille. La zona del porto di Mogadiscio, ad esempio, è controllata oggi dai soldati dell’Unione africana; il loro intervento si è reso necessario per cacciare i miliziani di Al Shabaab, un’organizzazione per la jihad collegata ad Al Qaeda.
Per entrare nel paese è necessario esibire un certificato internazionale che provi l’avvenuta vaccinazione contro la febbre gialla, ed in generale è elevato il pericolo di contrarre la malaria praticamente in tutte le zone della Somalia; è quasi superfluo far notare l’assoluta indisponibilità di medicine anche nelle città, ragion per cui è doveroso portare con su un kit basico di pronto soccorso.
La Somalia non dispone di linee ferroviarie, mentre la rete stradale – pur molto ampia – è asfaltata solo in alcuni brevi tratti.