Chi è stato in Laos, sia pure solo per pochi giorni sulla via da o per il Vietnam, concorda nell’apprezzare questo paese, che a molti ha offerto alcuni tra i momenti più belli all’interno di un soggiorno nel Sud-Est asiatico. Noto nell’antichità con il nome di Lan Xang, ovvero “Milione di Elefanti”, durante la guerra indocinese il Laos veniva chiamato in maniera dispregiativa dai giornalisti “paese di un milione di insignificanti”; da pochi anni, finalmente, questa terra scarsamente popolata ha trovato la pace dopo tre secoli di guerre contro Annam, Cina, Siam, Francia e Stati Uniti, lanciando in ottica internazionale la propria succulenta offerta turistica. Il Laos è sempre stato il più arretrato ed enigmatico tra i tre stati che costituivano l’Indocina francese, ma negli ultimi tempi si è posto all’avanguardia nelle riforme economiche e politiche, introducendo il libero mercato e accogliendo numerosi investitori stranieri.
Il Laos è privo di sbocchi sul mare e confina con Thailandia, Cambogia, Vietnam, Cina e Myanmar (Birmania). I tanti fiumi e i monti sono gli elementi caratterizzanti della morfologia laotiana, tanto che montagne e altipiani occupano circa il 70% del territorio nazionale. Tutti i corsi d’acqua che scendono lungo il fianco occidentale dei monti dell’Annam confluiscono nel Mekong, che dal Laos scorre poi in Cambogia e quindi, dopo aver raggiunto il sud del Vietnam, si getta con un ampio delta nel Mar Cinese Meridionale. La valle del Mekong e le sue fertili pianure alluvionali costituiscono anche le principali zone agricole del paese e qui sono di fatto concentrate tutte le risaie dello stato. I tratti in cui la valle è più ampia si trovano vicino alla capitale Vientiane e a Savannakhet, la zona dove si concentra la maggior parte della popolazione.
Abitato fin da epoche antiche, il Laos fu terreno di conquista di numerose popolazioni cambogiane e vietnamite, Cham e Khmer su tutte. Nel V secolo cominciò a insediarsi nella regione la dottrina buddhista, tanto che a questo periodo risale il bel complesso di Wat Phu, nel sud del paese. Nel corso del XIV secolo il buddhismo prese definitivamente il sopravvento sulle altre religioni e rappresentò il perno attorno al quale venne istituito il regno di Lane Xang, la cui capitale fu stanziata a Vientiane. Nel 1778 il Laos fu conquistato dai thai e annesso al Regno del Siam, sotto cui rimase fino al 1899, quando entrò a far parte dell’Indocina Francese, l’ultimo gradino verso l’indipendenza raggiunta nel 1949. La seconda metà del secolo è stata caratterizzata da una generale instabilità politica, purtroppo spesso accompagnata da tragici fatti di sangue, ma dall’inizio degli anni ’90 il Laos è riuscito a voltare definitivamente pagina, aprendosi al turismo e lanciandosi verso un futuro ricco di opportunità.
La capitale è Vientiane, una città di oltre 200.000 abitanti situata su un’ansa del Mekong e caratterizzata da un’affascinante commistione di influenze laotiane, thailandesi, cinesi, vietnamite, francesi, statunitensi e sovietiche. Pur essendo la città più grande e popolosa del Laos, Vientiane è sufficientemente piccola da consentirvi di visitarla con facilità; alcune parti del centro sono molto belle e suggestive, in particolare l’area vecchia lungo il Mekong, mentre i viali fiancheggiati dagli alberi e i templi antichi le conferiscono un’atmosfera fuori dal tempo anche a dispetto del traffico, che comunque non è mai molto intenso. Le vie principali del quartiere centrale sono tre: Thanon Samsenthai, Thanon Setthathirat e Thanon Fa Ngum, intersecata perpendicolarmente da Thanon Lan Xan, un grande viale a due corsie che oltrepassa il mercato Mattutino e arriva al Patuxai, o “Arco della Vittoria”.
Sempre nella parte centrale del Laos si possono visitare le province di Bolikhamsai e di Khammuan, che si estendono in una zona montuosa moderatamente elevata che digrada verso sud-ovest per poi scendere nella valle del Mekong. Il capoluogo della provincia di Bolikhamsai è Pakxan, un centro di carattere prevalentemente commerciale presso cui visitare il Phabaat Phonsan, mentre sulla sponda opposta del Mekong c’è la città thailandese di Beung Kan, che costituisce un punto di attraversamento legale del confine solo per i Laotiani e i Thailandesi. A breve distanza si può visitare Tha Khaek, un antico e remoto avamposto degli imperi Funan e Chenla, attualmente divenuto un tranquillo paese animato da vorticosi traffici commerciali. Da ammirare ci sono soprattutto le notevoli formazioni calcaree situate lungo il fiume Bang Fai, vicino a Mahaxay, 50 chilometri a est sulla Route 12.
Nella parte settentrionale del Laos spicca la provincia di Luang Phabang, tagliata fuori dai mercati più importanti e per questo quasi interamente dedita all’agricoltura. Il capoluogo è l’omonima città di Luang Phabang, un piccolo insediamento di circa 16.000 abitanti divenuto un’importante attrattiva turistica per via dei 32 templi storici sopravvissuti alla colonizzazione francese e per la bella posizione geografica, che la vede circondata dalle montagne 700 metri sul livello del mare vicino alla confluenza dei fiumi Khan e Mekong. Da non perdere anche la vicino provincia di Xieng Khuang, contraddistinta da scenari paesaggistici molto suggestivi all’interno dei quali svetta la cima del Phu Bia, la montagna più alta del paese, che tocca i 2.819 metri di altitudine. Nonostante le devastazioni arrecate dalla guerra civile, la zona intorno a Phonsavan, il nuovo capoluogo di provincia, è stata in grado di rilanciarsi anche sotto il profilo turistico, sfruttando soprattutto l’appeal della Piana delle Giare, una vasta zona incontaminata dove si susseguono giare in pietra pesanti fino a 600 kg. Altre tre province montuose e praticamente inaccessibili ai turisti sono quelle di Hua Phan, Udomxai e Phongsali, dove oltre a spettacolari formazioni carsiche non c’è molto da vedere.
Mentre Vientiane si sta a poco a poco modernizzando e il Laos settentrionale è quasi un paese a sé stante con la cultura delle sue tribù delle colline e dei gruppi tribali thai, per molti aspetti il Laos meridionale rimane la regione più tradizionalmente “laotiana” del paese. Solo due province di questa zona vengono regolarmente visitate dai turisti, quella di Savannakhet e quella di Champasak, mentre gli altipiani centrali sono praticamente disabitati. La provincia di Savannakhet è la zona migliore del paese per vedere quel che resta del sentiero di Ho Chi Minh che, durante la guerra d’Indocina, costituì il principale percorso seguito dai rifornimenti dell’esercito nord-vietnamita per il Vietnam del Sud. Nella provincia di Champasak, sulle pendici inferiori di Phu Pasak, spicca invece il tempio khmer di Wat Phu, il cui nome letteralmente significa “Tempio della Montagna”. Il sito è diviso in tre livelli principali collegati da una lunga passeggiata a scalini, mentre la parte inferiore consiste in due palazzi del XX secolo in rovina utilizzati dai sovrani laotiani più recenti per osservare la cerimonia che si tiene ogni anno al tempio di margine di un grande specchio d’acqua usato per le abluzioni rituali e le competizioni tra imbarcazioni.
Al pari dei calendari di Cina, Vietnam, Cambogia e Thailandia, quello tradizionale laotiano è un misto di cicli solari e lunari, anche se le festività sono soprattutto legate ai cicli agricoli o alle celebrazioni buddhiste. In maggio si tengono il Visakha Bu-saa, una festa che cade il quindicesimo giorno del sesto mese lunare che è ritenuto il giorno della nascita, illuminazione e parinibbana (dipartita) del Buddha, ed il Bun Bang Fai, ovvero la “Festa dei Razzi”, probabilmente la manifestazione più amata dagli abitanti che la celebrano a ritmo di musica con danze e irriverenti esibizioni artistiche. Se si arriva in Laos in luglio si potrà partecipare al Khao Phansaa, che segna l’inizio dei tradizionali tre mesi di “ritiro della stagione delle piogge”, mentre tra agosto e settembre è in programma l’Haw Khao Padap Din, durante il quale si tengono celebrazioni in memoria dei cari scomparsi. Tra gli eventi maggiormente spirituali c’è invece il Bun Pha Wet, che si svolge a cavallo tra dicembre e gennaio all’interno dei templi nei quali viene recitato il racconto della vita del principe Vessantara, la penultima reincarnazione del Buddha.
Il momento climatico migliore per visitare il Laos è compreso tra novembre e febbraio, quando piove di meno e non fa terribilmente caldo, ma se pensate di visitare prevalentemente le province montuose del nord potreste anche scegliere l’inizio della stagione delle piogge, ovvero il periodo compreso tra maggio e luglio, perché a quote più alte le temperature sono un po’ più miti. La temperatura varia a seconda dell’altitudine al pari delle precipitazioni, facendo registrare valori molto alti specialmente nelle province di Bokeo e Champasak, dove tra marzo e aprile si raggiungono stabilmente i 38 gradi, mentre i valori minimi più bassi che si registrano in gennaio non scendono quasi mai sotto i 15. Nelle montagne di Xieng Khuang, invece, è possibile che tra dicembre e gennaio la temperatura scenda a 0 gradi durante la notte. Tutto lo stato è interessato dai cicli monsonici che determinano l’alternanza di periodi asciutti e piovosi in due distinte stagioni; il monsone di sud-ovest arriva tra maggio e luglio e dura fino a novembre accompagnato da piogge abbondanti soprattutto nella parte meridionale del paese, mentre il monsone di nord-ovest, che spira da novembre a maggio, comporta condizioni più stabili e un clima asciutto.
L’Aeroporto Internazionale di Wattay a Vientiane è l’unico punto di accesso per gli stranieri che arrivano in Laos in aereo; voli regolari collegano lo scalo a Bangkok, Hanoi, Saigon, Phnom Penh e Kunming. Muovendosi a terra si può varcare il confine attraversando il Mekong a Nong Khai, nei pressi della capitale, Nakhon Phanom, di fronte a Tha Khaek, Chiang Khong, vicino a Huay Xai, e Mukdahan, non lontano da Savannakhet. Al di fuori dei dintorni di Vientiane, la rete stradale del paese è arretrata e insicura, così che anche per percorrere tratte brevi si impiega molto tempo. Gli autobus servono quasi esclusivamente le zone limitrofe ai capoluoghi di provincia, mentre un’alternativa concreta è rappresentata dai battelli fluviali, dato che i fiumi sono le vere “strade” del Laos.