Il piccolo – e ai più sconosciuto – stato del Nagorno-Karabakh è una porzione di territorio nella regione caucasica; ufficialmente questa nazione non è riconosciuta a livello internazionale, essendo una repubblica autoproclamatasi indipendente non più di vent'anni fa.
La storia del paese è piuttosto complessa e controversa: da un lato la popolazione azera ne rivendica la comune origine, considerando la regione come propria patria culturale ed accusando gli armeni di aver assorbito la chiesa locale; dall'altro, resta il fatto che gli abitanti del Karabakh si sentono armeni in tutto e per tutto.
Nel Medioevo questa terra è stata sotto il dominio persiano ed il potere detenuto da cinque principi armeni, fino a quando, all'inizio del XIX secolo, il Kanato del Karabakh passò alla Russia; fu così che molti musulmani locali si trasferirono in Iran mentre molti armeni iraniani si spostarono nel Karabakh.
Negli anni Venti, in epoca sovietica, la regione fu separata dall'Armenia per essere trasformata in entità autonoma all'interno della Repubblica dell'Azerbaigian; ciò causò l'esodo di parte della popolazione, che comunque rimase per la maggior parte armena. In epoca più recente, sul finire degli anni Ottanta, in seguito alle richieste di annessione all'Armenia, l'assemblea locale prese la decisione di dichiarare l'indipendenza dall'Azerbaigian, scatenando automaticamente la guerra che vide contrapposto il Karabakh agli azeri ed ai sovietici. Nonostante l'enorme differenza di potenziale bellico gli scontri si protrassero per cinque anni, attraversando anche la fase della caduta dell'URSS. La resistenza locale dei fedayin spalleggiati dall'esercito armeno fu contrastata poi dalle truppe azere e da quelle turche, che tuttavia persero il controllo della città di Sushi sancendo la propria sconfitta; alla fine delle ostilità si contarono trentamila vittime oltre alle centinaia di migliaia di musulmani costretti a fuggire per trovare riparo in Azerbaigian.
Da allora la situazione sta tornando lentamente alla normalità ed oggi la nazione – aldilà delle zone della linea del fronte – può dirsi generalmente tranquillo e sicuro nonostante le difficoltà riscontrate dai negoziati internazionali post-bellici.
Il paese, avente una superficie complessiva praticamente equivalente a quella della regione Abruzzo, ha come cuore pulsante la città di Stepanakert, capitale di circa 60.000 abitanti. Circondata da foreste, pascoli ed alte montagne in lontananza, la cittadina sorge sulle rive del fiume Karkar ed offre pochi spunti ai visitatori, se non alcuni musei dedicati alla recente guerra. Da non perdere, a nord della capitale la particolare statua intitolata: "Noi siamo le nostre montagne", controversa ma interessante opera di Sargis Baghdasarian, che con questa installazione ha voluto sottolineare l'unità della gente del Nagorno-Karabakh con le proprie montagne del Caucaso.
Certamente più interessante è la località di Sushi – a soli 10 km dalla capitale – fiancheggiata nella zona orientale da alte mura medievali; la sua fortezza fu costruita nel 1750. Come detto, la presa di Sushi da parte degli armeni decretò la svolta nel conflitto degli anni Novanta e, nonostante i gravi danni subiti e l'abbandono di buona parte della popolazione, la cittadina sta attuando opere di ricostruzione.
Il Monastero di Gandzasar, risalente al XIII secolo, si trova invece 40 km a nord-ovest di Stepanakert ed è la principale attrazione turistica del paese; esso vanta, tra le altre cose, la straordinaria chiesa Surp Hovhannes Mkrtich ricca di decorazioni ed iscrizioni.
Avendo sempre come riferimento la capitale e spostandosi di circa 14 km in direzione nord-est si giunge alla città – dominata dall'omonima fortezza – di Mayraberd (Askeran), mentre proseguendo oltre sulla strada si raggiunge la fortezza di Tigranakert. Decisamente più lontano (per quanto le distanze nazionali siano sempre contenute, per ovvie ragioni) il villaggio di Dadivank ospita un monastero considerato un capolavoro architettonico, dotato di straordinarie khatchkar e celle monastiche che circondano la chiesa di Surp Dadi, risalente al XIII secolo.
Il Karabakh meridionale, invece, è raggiungibile da due strade principali che viaggiano rispettivamente in direzione di Martuni e di Hadrut. La prima è una cittadina di circa ventimila abitanti che non ha molto da offrire se non una statua di un californiano diventato eroe locale durante la guerra, mentre la strada che conduce ad Hadrut incontra sul suo cammino l'interessante villaggi di Sarushen e, non distante, il millenario e gigantesco platano di Skhtorashen.
Nei pressi di Karmir Shuka, oltre al Monastero di Amaras fondato da san Gregorio Illuminatore, si può visitare (muniti di torcia) la suggestiva grotta di Azokh, nella quale sono stati ritrovati antichi resti di vita umana ed oggi abitata da numerosi pipistrelli.
La selvaggia regione settentrionale del Kelbajar, al confine con l'Armenia, ospita vette che superano i 3000 metri s.l.m.; qui le gole scavate dai fiumi, i villaggi armeni ed alcuni contadini sono quasi tutto ciò che si può trovare una volta superati i numerosi posti di blocco militari. Nei pressi di Karvachar, il capoluogo, si segnalano infine una sorgente d'acqua calda ed un geyser.
A livello di sicurezza si rammenta che i campi sono tuttora costellati di mine antiuomo ed ordigni inesplosi, per cui è vivamente sconsigliato avventurarsi in escursioni improvvisate, soprattutto in prossimità della linea del fronte.
Il visto d'ingresso nel paese è reperibile presso il Ministero degli Affari Esteri a Stepanakert, allegando due fotografie formato tessera; esistono diverse tipologie di visti, che consentono rispettivamente visite di cinque/ventuno giorni od ingressi multipli da effettuare nell'arco di novanta giorni. Si rammenta che non è consentito l'ingresso in Azerbaigian se il passaporto presenta un visto di Karabakh; per tale ragione, qualora si intendesse spostarsi nel vicino paese, si consiglia di chiedere l'apposizione del visto su un foglio separato.
Non esistendo aeroporti internazionali all'interno dei confini della piccola repubblica caucasica, l'unica maniera per entrare nel paese è quella di raggiungere in aereo una delle capitali dei paesi limitrofi (Georgia, Armenia, Azerbaijan) ben collegate alle principali città europee) e successivamente per mezzo di taxi, autobus o marshrutka, organizzare gli spostamenti fino a Stepanakert.