Ubicata nell’estremo occidentale della Spagna ai confini con il Portogallo, dove in parte continua con le medesime caratteristiche, l’Estremadura costituisce la regione più aspra e selvaggia, ma anche la più povera e spopolata del paese, e quindi anche la meno conosciuta dal punto di vista turistico. Grande come un ottavo dell’Italia e un tredicesimo della Spagna, con appena un milione di abitanti e una delle più basse densità del continente, la terra al di là del fiume Duro si presenta come un ondulato tavolato roccioso – proseguimento verso ovest dei rilievi montuosi della Meseta e delle Sierre centro-iberiche con cime spesso superiori ai 2.000 m – ricoperto da pascoli e da foreste di querce da sughero, lecci e castagni, assai più adatta ad una magra pastorizia che non all’agricoltura, limitata infatti alla produzione di paprica, tabacco, vite, olivo ed alberi da frutta.
Nel 1932 il grande regista Luis Bunuel (1900-1983, premio Oscar nel 1972) vi girò Les Hurdes – Tierra sin pan, un documentario antropologico che narra, con tutta la forza espressiva delle immagini in bianco-nero, l’orrore quotidiano di fame e di miseria fisica e morale di una popolazione ridotta a larve umane da denutrizione, malformazioni, malattie, epidemie e incesti, in una terra tanto ingrata e pietrosa da non consentire neppure la sepoltura dei morti, dove le case erano più sporche e disadorne delle stalle e le uniche ricchezze si celavano in chiese e conventi. Il film, entrato a pieno titolo nella storia della cinematografia, sconvolse i pochi che lo videro, tanto che la censura ne proibì la proiezione in quanto ritenuto offensivo e denigratorio per la dignità del paese. Da allora ovviamente molte cose sono cambiate, ma fino ad un certo punto, perché questa Cenerentola iberica rimane ancora una delle zone più arretrate, dove ad esempio parecchi matrimoni continuano ad avvenire nell’ambito familiare e il principale mezzo di trasporto rimane sempre il mulo; in compenso vi si produce il miglior prosciutto, il saporito jamon serrano.
La povertà, in queste terre, ha radici ataviche: non a caso ben un terzo dei conquistadores, a cominciare da Cortès e Pizarro, proveniva da queste contrade, spinti verso il Nuovo Mondo dalla fame e dalla mancanza di prospettive in patria. Nonostante tutto ciò l’Estremadura, terra di storia assai antica come attestano le pitture rupestri e i numerosi monumenti megalitici preistorici, ha parecchio da offrire ad un visitatore colto e curioso, a cominciare dal riposante paesaggio agreste e da una natura selvatica e ancora piuttosto incontaminata, che annovera un parco nazionale, due parchi regionali e 54 aree protette, tanto da venire definita il Texas spagnolo. Girovagando per il suo territorio montuoso si incontrano infatti capolavori storici e architettonici di gran pregio, capaci di vivere nella loro quiete fuori dal tempo, come i propri abitanti ancora legati alle tradizioni e agli stili di vita del passato.
Il capoluogo Mèrida, fondata nel 25 a.C. come epicentro della provincia romana della Lusitania e forte all’epoca dei suoi 40 mila abitanti, conserva il maggior numero di monumenti latini del paese. Nonostante le asperità del terreno i Romani vi costruirono una strada, ancora oggi ben visibile, lunga mille km che attraversava tutto il paese da sud a nord, da Siviglia fino al golfo di Biscaglia. In parallelo esiste anche una fitta rete di tratturi, creata fin dai Visigoti, per la transumanza stagionale degli enormi greggi di pecore merinos dalla lana pregiata, maggior risorsa locale. Dopo i Romani i Visigoti, che hanno lasciato suggestive basiliche paleocristiane, e poi per quasi nove secoli la Spagna meridionale passò sotto il dominio arabo, con l’Estremadura a fungere da terra di nessuno tra emirati musulmani e i regni cristiani.
Il Rinascimento vide il fiorire di monasteri, chiese e palazzi nobiliari, finanziati soprattutto dalle ingenti ricchezze provenienti dalle nuove colonie americane. Appartengono a questo periodo le città murate di Plasencia e Ciudad Rodrigo, il centro medievale di Trujillo, la raffinata Caceres, la città delle cicogne, un autentico museo urbano tra il gotico e il rinascimentale e, soprattutto, il grandioso monastero della Vergine di Guadalupe, patrona della regione, massimo monumento religioso e importante faro culturale, in passato sede della maggiore biblioteca iberica e di una qualificata scuola di medicina di derivazione araba; non a caso nel Nuovo Mondo sono centinaia i santuari che portano lo stesso nome.
Numerose le tappe imprescindibili di un possibile itinerario culturale. Plasencia, è una graziosa e suggestiva città fortificata su una collina, cinta da una duplice cerchia di mura con 6 porte e 68 torri, antica fortezza romana e poi città berbera, quindi baluardo casigliano di difesa contro gli Arabi: fino al 1492 era abitata in prevalenza da ebrei e musulmani; tra i tanti monumenti storici spicca una singolare cattedrale formata da due chiese unite. Hervas offre uno dei quartieri ebraici con le tipiche case a graticcio meglio conservati di Spagna: il paese divenne in prevalenza ebraico nel 1391, quando gli Ebrei lo scelsero per sfuggire alle persecuzioni di Musulmani e Cristiani per la sua posizione remota. La Alberca, monumento nazionale, viene considerato uno dei più suggestivi paesi spagnoli con tipica impronta araba.
Ciudad Rodrigo, altro monumento nazionale, ultimo avamposto castigliano prima del confine lusitano, è uno scrigno protetto da mura merlate che cela architetture di inusitata bellezza di epoca medievale e rinascimentale. Caceres, gioiello architettonico di origine romana e araba protetto dall’Unesco, porta fin dall’antichità un nido di cicogna sugli edifici più alti. Infine il monumentale santuario di Guadalupe, capolavoro del gotico mudejar e churrigheresco, altro sito Unesco.
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