Il Nicaragua, maggiore tra i cinque paesi del Centro America (grande quanto un terzo dell’Italia) ma anche il meno popolato (densità 43 ab/kmq), risulta famoso fuori dai suoi confini molto più per le recenti vicende storico-politiche – in particolare la rivolta sandinista e la successiva guerra civile con i contras) che non per il suo straordinario patrimonio naturalistico e ambientale, in gran parte ancora intatto anche perché non contaminato dal turismo.
Questa terra di grandi laghi, vulcani ed estese foreste, confina a nord con l’Honduras e a sud con il Costa Rica, mentre ad ovest si affaccia sull’oceano Pacifico e ad est sul Caribe atlantico, esattamente a metà strada tra Alaska e Terra del Fuoco. La sua storia geologica parte da lontano: 25 milioni di anni fa qui si estendeva un oceano che separava in due il continente americano; poi la collisione tra le due placche continentali, spinte tettoniche e l’intensa azione di vulcani hanno fatto emergere una stretta lingua di terra a collegare i due blocchi in un unico continente. A riprova restano i rilievi montuosi centro-occidentali, le Cordigliere di modesta elevazione (massimo 2 mila metri), 58 vulcani di cui 6 ancora attivi e una vasta depressione tettonica sud-occidentale occupata da due enormi laghi, il Nicaragua 8.157 kmq (secondo nell’America latina e tra i maggiori al mondo, grande 22 volte il Garda), quasi un mare interno con 400 isole dove viveva l’unico squalo d’acqua dolce, e il Managua 1.035.
Dal punto di vista geografico si divide in tre regioni distinte: fertili pianure, lagune e alcuni vulcani lungo la rettilinea costa pacifica, dove si concentra oltre il 62 % della popolazione; un vasto altopiano centrale con cordigliere e vulcani da cui nascono tutti i fiumi, che presenta vallate e paesaggi dall’aspetto andino; e infine la vasta e spopolata pianura della bassa costa caraibica con paludi, fiumi, lagune, baie, spiagge, barriere coralline ed isole, quasi interamente ricoperta da rigogliose foreste pluviali tropicali. Un paese quindi dall’estrema varietà ambientale e dall’ingente patrimonio naturalistico ancora quasi integro, con un gran numero di uccelli coloratissimi (pappagalli, are, tucani, colibrì, quetzal) e di fiori come orchidee selvatiche e flamboyant, che presenta aree protette su un quinto del territorio e giungle incontaminate sulla metà. Curiosa anche la popolazione, formata per il 14 % da bianchi, 5 amerindi autoctoni, 63 meticci e 8 neri afrocaraibici, con alcune interessanti comunità etniche indigene presenti nelle foreste dell’area atlantica. Nazione essenzialmente assai povera e dalla consistente emigrazione, con il 70 % della popolazione sotto la soglia della povertà, esporta cotone, zucchero, caffè e carni; dopo la pacificazione nazionale punta su una delle sue maggiori risorse, l’ecoturismo.
Da parecchio tempo si progetta di sfruttare la presenza del lago Nicaragua e del fiume San Juan per collegare Pacifico e Atlantico con un nuovo canale interoceanico più a nord di quello di Panama. In epoca precolombiana punto di incontro tra le civiltà amerinde del nord e del sud, conquistata dagli spagnoli nel 1522 e indipendente dal 1821, fino al 1933 ha subito una forte ingerenza politica, economica e militare da parte degli Usa, poi la dittatura filoamericana dei Somoza, abbattuta nel 1979 dalla rivoluzione sandinista sfociata poi nella guerra civile con i contras; dopo la cessazione delle ostilità, dal 1988 governa un fronte democratico.
Un possibile itinerario inizia da Managua, capitale dal 1858 affacciata sul lago omonimo e circondata da vulcani, troppo squassata da ripetuti sismi per poter offrire qualcosa di interessante, e si punta subito al parco nazionale del vulcano Masaya, dove tra poderose colate laviche si può salire in auto fino al cratere attivo che erutta fumi e vapori, prima di giungere all’elegante Granada sul lago Nicaragua, antica capitale fondata nel 1524 con splendidi edifici coloniali barocchi e neoclassici di stile castigliano, e un suggestivo museo all’aperto che ospitò anche Giuseppe Garibaldi.
Escursioni d’obbligo alle Isletas, 360 isole vulcaniche ricche di piante tropicali e di uccelli, e all’isola di Ometepe, la maggior isola lacustre al mondo, sormontata da due vulcani gemelli e disseminata di petroglifi e statue monolitiche lasciati dagli Olmechi giunti fin qui dal Messico prima dell’anno 1000. Visita all’arcipelago di Solentiname, dove negli anni 60 un frate sandinista e poeta di fama internazionale (poi ministro della cultura) riuscì a valorizzare il talento artistico degli abitanti analfabeti, oggi apprezzati pittori naif, e poi alla riserva di Los Guatuzos, quasi al confine con il Costa Rica, una giungla di fiumi e paludi ideale per la crescita di coccodrilli, farfalle, tartarughe e orchidee.
Scendendo l’imponente Rio San Juan si raggiunge sul Caribe la maestosa fortezza seicentesca spagnola de El Castillo, circondata dalla maggior foresta vergine del tropico umido centroamericano, abitata da bradipi, caimani, scimmie, tucani e giaguari, e poi lungo il Rio Escondido, tra lussureggiante vegetazione e miriadi di uccelli, si arriva a Bluefields, porto fondato quattro secoli fa da pirati la cui popolazione attuale di neri afrocaraibici produce un’ottima musica reggae, e quindi Little Corn Island, dove approdò Colombo nel 1502, un gioiello ambientale con spiagge degne di Robinson Crusoe, dove fare bagni e snorkeling. Rientrati in volo a Managua ultima visita a Leon, centro culturale e città rivoluzionaria come attestano i pregevoli murales sandinisti tra i monumenti coloniali, la cui cattedrale (la maggiore del Centroamerica) è stata di recente riconosciuta dall’Unesco come patrimonio dell’umanità.
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