I mercati storici d'Italia, ecco quelli da non perdere

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Condividi Eleonora Orsi

25/06/2014

Vi è mai capitato di porvi il quesito “supermercato o bancarelle in piazza”? Da un lato il tempio della comodità: merce di ogni tipo in un solo edificio, l’aria condizionata, i prodotti ben schierati sugli scaffali e le etichette che sembrano offrire occasioni pensate apposta per voi. Dall’altra il caos allegro e irriverente del mercato: le bancarelle strette fra loro, assediate da signore accalcate e, di questi tempi, piuttosto accaldate; venditori chiassosi che propongono affari ghiotti; profumo di fiori, di spezie o formaggi, ma anche odorini non proprio soavi provenienti dal banco del pesce, o semplicemente da un’umanità messa a dura prova dal sole cocente e dal viavai della spesa.
Forse avrò una visione romantica e un po’ antiquata, ma a me il mercato piace di più. Mi piace l’idea che mani esperte e amorevoli abbiano raccolto qualcosa, intrecciato qualcos’altro, preparato mangiarini o anche solo impacchettato ciò che potevano. L’idea che qualcuno si svegli all’alba per allestire in piazza o nelle strade il suo negozio viaggiante. Che abbia sempre la stessa piazzola, e aspetti i suoi clienti abituali con dei prodotti nuovi, magari un sorriso, e forse qualche chiacchiera di paese fresca fresca, da scambiarsi nella luce del mattino. A pensarci bene - nell’era di internet, degli e-book e dei tablet capaci di fare quasi tutto – non è bello e incredibile che i mercati resistano, traboccanti di storie e di vita? Sì, ne sono certa, i mercati sono un tesoro… ancora di più se si trovano in un’antica città d’arte, fra monumenti e palazzi che avrebbero secoli di pettegolezzi da svelare.
In vacanza, poi, il mercato può essere una grande risorsa: un mercato storico è un concentrato di folclore e prodotti tipici, ideale per chi cerca uno spuntino veloce, economico e gustoso, e per chi ha voglia di conoscere davvero la quotidianità dei luoghi che visita.
Ecco per voi una bella carrellata di mercati storici italiani, dalla ridente Sicilia al nord dello stivale, passando per Roma, la Toscana, Bologna, Modena e Torino. Una rassegna di spensieratezza per tante città da visitare e da gustare. Buon viaggio e buona spesa a tutti, si parte!

Presi per la gola a Palermo, al mercato di Ballarò

Palermo è una città-mercato: nelle antiche rotte dei navigatori mediterranei la tappa a Palermo non mancava mai, e ancora adesso le grida dei venditori riecheggiano per le piazze e per le strade. Quelle strade inondate di sole e di chiacchiere, raffinate nell’architettura, spesso un po’ troppo sporche ma affascinanti come un dipinto, dove i panni del bucato sventolano sui fili come bandiere festose. Tra i mercati più famosi del capoluogo siciliano c’è quello di Ballarò, nel quartiere Albergheria, che si concentra tra le piazze Ballarò e Carmine ma dilaga anche oltre, contagiando una bella fetta di città. Pare che il nome derivi dal villaggio di Balhara, vicino a Monreale, dove i mercanti arabi già nel X secolo approdavano per concludere gli affari. Ancora adesso ortaggi succulenti e frutta colorata sembrano ammiccare dai bancali, insieme a pietanze di ogni tipo, oggetti per la casa e deliziose ricette preparate sul posto e vendute calde. A promuovere la mercanzia ci sono le tipiche grida “abbaniate”: così si chiamano le urla dei commercianti nel dialetto locale, che apostrofano i passanti per attirare la loro attenzione e invitarli ad assaggiare e acquistare qualcosa. Per una parentesi allegra, poi, c’è la “riffa”, una sorta di lotteria che mette in palio prodotti del mercato, soprattutto alimentari: un uomo vende i biglietti numerati di un blocchetto, e quando li finisce procede all’estrazione. I fortunati – se riusciranno a sentire il proprio numero chiamato tra la folla – guadagneranno un po’ di verdura, del buon formaggio o della carne.
Tra le vere e proprie bancarelle nel fine settimana si aggiungono i banchetti dei “buffittieri”, i re del cibo di strada: quando sentirete nell’aria quel profumo di alici fritte, panelle di ceci o cazzilli (le crocchette di patata) saprete che non sono lontani, e potrete approfittarne per un pasto veloce, economico e gustosissimo. Altre delizie sono gli arancini e gli sfinciuni, tranci di pizza spessa e morbidissima insaporita con pomodoro, cacio, cipolla e acciughe. Se siete fortunati incontrerete il purparo, che cuoce il polipo fresco in un pentolone d’acqua salata e lo serve con limone e prezzemolo sul momento, mentre i più coraggiosi potranno provare il pani ca’meusa (la milza), i polmoni o lo scannarozzato (la trachea) di vitello: secondo gli intenditori una vera squisitezza. Tra un assaggio e l’altro assaporerete l’ospitalità siciliana: oltre a una lauta scorpacciata farete il pieno di chiacchiere e aneddoti locali, e certamente vi porterete a casa un bel bottino di ricordi.

Da oltre cinquecento anni si fa spesa a Catania, alla Fera o Luni

Catania non vuole essere da meno, come dimostra uno dei suoi mercati più importanti, la Fera o Luni. Letteralmente si chiama “fiera del lunedì”, ma questo mercato si svolge tutti i giorni dal lunedì al sabato in Piazza Carlo Alberto, ed è sconsigliato a chi mal sopporta il caldo, il chiasso e la ressa. Consigliatissimo, invece, a chi si inventa una storia avventurosa per ogni nuova faccia che incontra, a chi insegue ogni profumo e si diverte a indovinare di che si tratta, a chi in vacanza ama confondersi con la gente del posto e cerca subito di sentirsi a casa. Al mercato catanese, a dire il vero, di storie e di vite ne circolano parecchie, e si mescolano in un esaltante turbinio di voci e colori: siciliani doc incontrano venditori indiani, africani e cinesi, per non parlare – ovviamente – del gran numero di turisti che nella stagione estiva prendono parte allo spettacolo. Uno spettacolo cominciato secoli fa, quando Catania era in mano agli spagnoli e la Fera o Luni veniva allestita di fronte alla Basilica Collegiata; in seguito, dopo un terribile terremoto di fine Seicento, il mercato venne trasferito in Piazza Università, per poi guadagnarsi nell’Ottocento l’attuale postazione in Piazza Carlo Alberto. Anche qui, come a Palermo, nell’aria risuonano le grida “pubblicitarie” dei commercianti, conosciute come “vuciate”.

Tra i presepi di Napoli in Via San Gregorio Armeno… non solo a Natale!

A Napoli c’è una strada che sembra appartenere ad un altro mondo: è Via San Gregorio Armeno, dove si svolge un mercato dal sapore tutto particolare. Non un classico mercato con prodotti di ogni tipo e soprattutto generi alimentari, ma una grande esposizione di statuine del presepe, che vengono prodotte artigianalmente nelle botteghe e fanno parte di una tradizione molto sentita in città. “O’ Presebbio” venne allestito per la prima volta in una casa di Napoli nell’XI secolo, ma fu il Seicento a segnare la svolta per il presepe napoletano, che diventava una celebrazione non solo della Natività, ma anche della vita quotidiana e dei mestieri più umili. Accanto alle immagini sacre comparivano statuine di mercanti, pastori, popolane, e bambini, realizzate con una cura e una dovizia di dettagli sorprendenti.
Oggi, nel capoluogo campano, prima di allestire il presepe si passeggia lungo Via San Gregorio Armeno alla ricerca di nuovi elementi, che si tratti di pastori, pecorelle, buoi, asinelli o mulini ad acqua: la strada è coloratissima e suggestiva, illuminata a festa e letteralmente sommersa da statuine di ogni foggia e dimensione, così tante che è impossibile non trovare il pezzo desiderato. Ma non pensiate che via San Gregorio Armeno dia spettacolo solo a ridosso del Natale: le botteghe sono aperte anche negli altri mesi dell’anno, e benché passeggiare in estate tra i presepi possa sembrare un po’ strano, è un’ottima strategia per evitare la folla delle feste natalizie e apprezzare appieno la bellezza dei manufatti.
Certo, tra vere e proprie opere d’arte realizzate a mano non mancano le pacchianate e le trovate turistiche: in un irriverente mix di sacro e profano - condito dalla consueta allegria partenopea – tra le statuine tradizionali ci sono riproduzioni in miniatura di politici, personaggi televisivi e protagonisti della cronaca. Che amiate i classici o preferiate fare gli spiritosi non importa: al mercato del presepe napoletano troverete davvero di tutto, e non saprete più accontentarvi di una semplice capanna con la Madonna, Giuseppe e il bambinello. Largo alla fantasia, anche quando si tratta di tradizione!

Mercato di giorno, luogo d’incontro la sera: Campo de’ Fiori nel cuore di Roma

Salendo ancora un po’ lungo lo stivale si arriva a Roma, la Città Eterna, che ovviamente non poteva farsi mancare un mercato degno del suo ruolo di capitale e di ombelico del mondo. Piazza Campo de’ Fiori, sede dell’omonimo mercato, non è né grande né piccola, piuttosto a misura di chiacchiere, e i palazzi la circondano come a comporre un anfiteatro. Lo “spettacolo” che si svolge al centro non è sempre stato gioioso e spensierato: in passato, infatti, qui venivano eseguite le pene capitali, come quella seicentesca e tristemente famosa di Giordano Bruno, la cui statua troneggia in mezzo al viavai dei romani e dei turisti. Oggi l’atmosfera è molto più allegra, grazie alle numerose bancarelle che coprono il lastricato… lastricato comparso nel 1440 in sostituzione al prato che vi era cresciuto sino al quel momento (da cui il nome “Campo de’ Fiori”), mentre intorno alla piazza sorgevano le prime botteghe. Ancora adesso le vie adiacenti portano i nomi degli artigiani che vi lavoravano, come Via dei Cappellari o Via dei Giubbonari. Quest’ultima, ad esempio, era quasi interamente occupata dai tessitori di corpetti, detti proprio “jupponarii”, ma in precedenza si era chiamata anche Via dei Pelamantelli, ovvero dei cardatori, e Via Mercatoria, per sottolinearne semplicemente la vocazione commerciale. Immaginiamo che abbiate intenzione di trascorrere una bella settimana a Roma, e magari abbiate affittato un accogliente appartamentino con cucina: per prepararvi un gustoso pranzetto o una cenetta con amici non c’è scelta migliore di una passeggiata per il mercato, alla ricerca di formaggi del territorio, ortaggi freschi, riso, frutta secca e legumi. Per un centrotavola colorato abbondano le bancarelle di fiori, e se invece avete intenzione di mangiare su un prato troverete tutto l’occorrenze per prepararvi un sostanzioso panino.
Ecco, se siete tipi alla mano, buongustai e poco inclini ai convenevoli, alla sciccosa Via Condotti e allo shopping più fashion preferirete questa zona di Roma intima e quasi segreta, che al calar della sera si trasforma in una romantica location per tirar tardi tra chiacchiere e drink.

Al Mercato Nuovo di Firenze in compagnia del “Porcellino”

Da piccola ero innamorata di quel cinghialetto in bronzo dal naso dorato, ed era l’unica cosa che mi interessava quando visitavo il Mercato Nuovo di Firenze insieme alla mia famiglia: volevo accarezzarlo, mettergli una monetina in bocca come da tradizione, farmi fotografare insieme a lui… anni più tardi avrei scoperto altre attrattive del Mercato Nuovo, storico mercato fiorentino soprannominato Mercato del Porcellino proprio per via di quel cinghiale di bronzo posizionato su un lato del portico, a corredare una piccola fontana. Altre attrattive, dicevo: in particolare numerosissime bancarelle di borse, cinture e portafogli di pelle e cuoio che dominano la scena sotto la Loggia del Porcellino, insieme ad abiti e foulard di seta, cappelli e altri articoli molto amati dai visitatori, specialmente stranieri. Eppure, se oggi la situazione sembra fatta apposta per incuriosire i turisti, il mercato e il suo simbolo hanno alle spalle una lunga storia: era il 1640 quando Pietro Tacca realizzò il cinghiale di bronzo, riproducendo un’antica statua greca custodita al Museo degli Uffizi, e da subito la gente del posto apprezzò l’animale così tanto da attribuirgli il ruolo di portafortuna. Ancora oggi centinaia di persone gli accarezzano il museo giorno dopo giorno, posandogli una monetina sulla lingua e lasciando che cada nella vasca della fontana come buon auspicio: non c’è da stupirsi se il naso è diventato sempre più liscio e lucente, fino ad assumere una colorazione dorata. Ancora più antica è la storia dei mercanti di Firenze, che in epoca medievale conquistarono un importante ruolo nel governo cittadino entrando a far parte delle cosiddette Arti maggiori.
Chissà se gli artigiani e i commercianti medievali avevano immaginato un successo così vasto, per un mercato di dimensioni tutto sommato così ridotte? Certo non potevano sapere che un cinghialetto di bronzo avrebbe vegliato per secoli sulle compravendite della Loggia, lasciandosi accarezzare e fotografare da grandi e piccoli come una vera celebrità.



Lucca e il suo Mercato Antiquario

È meno antico il Mercato dell’Antiquariato di Lucca, allestito per la prima volta lungo le strade e le piazze della bella città toscana nel 1970. Eppure, già in epoca medievale, il posto era frequentato da nobili personaggi provenienti da tutta Europa alla ricerca di raffinati oggetti d’antiquariato, e da quel momento ai giorni nostri la tradizione non si è mai interrotta. Con quell’atmosfera tranquilla e familiare da piccola cittadina, costellata com’è di piazze scenografiche e scorci pittoreschi, Lucca è l’ambientazione perfetta per le bancarelle ricolme di oggetti antichi, ciascuno con la propria storia da raccontare. Per l’occasione - che si ripete il terzo fine settimana di ogni mese – oltre 200 espositori provenienti da ogni parte d’Italia dispongono le proprie bancarelle tra Piazza Bernardini, Piazza San Giovanni, Piazza San Giusto, Piazza San Martino, Piazza Antelminelli e Via del Battistero, facendo bella mostra di un vero tesoro, tenuto in grande considerazione dagli intenditori di arte antiquaria. Se anche non ve ne intendete di pregevoli mobili antichi, approfittate del mercato per ammirare Lucca in una veste diversa dal solito: i venditori e gli appassionati di antiquariato amano le cose belle e non perderanno occasione per scambiare due chiacchiere, svelando qualche segreto o qualche aneddoto legato ai loro gioielli, e nel frattempo potrete scoprire l’ospitalità lucchese ammirando qualche monumento o assaggiando qualche delizia tipica della regione.

Il Mercato di Mezzo di Bologna: idee nuove che si ispirano alla tradizione

Da brava emiliano-romagnola, per me Bologna è stata per anni sinonimo di “università”. Dopo le lezioni non vedevo l’ora di prendere il treno e tornare verso Imola il più in fretta possibile, ignara che il capoluogo delle Due Torri avesse un’anima gentile da mostrarmi. Sì, perché la bella Bologna nasconde zone timide e pittoresche, che con le loro viuzze strette, il bucato steso da una finestra all’altra, innumerevoli bancarelle e clienti di fiducia ricordano i paesi di una volta, dove fare la spesa al mercato era d’obbligo e chiacchierare era un rituale immancabile. L’atmosfera è ancora ridente nel cosiddetto Quadrilatero: un insieme di strade e stradine – Via Clavature, Via Pescherie Vecchie, Via Calzolerie, Via Caprarie, Via degli Orefici e Via Drapperie – lungo le quali si dispone lo storico Mercato di Mezzo. Ancora una volta le strade hanno nomi evocativi, che ci riportano alla mente i mestieri di un tempo.
Ci si immerge in questo tripudio di profumi e colori lasciandosi alla spalle la grandiosità di Piazza Maggiore, e addentrandosi là dove le vie si fanno più strette e la gente più pigiata: qui si concentrano le botteghe dei salumieri, dei fornai, dei formaggiai e degli ortolani, e sui banconi ai lati della via è esposto ogni ben di Dio. Ma Mercato di Mezzo è anche il nome che è stato scelto per un nuovissimo centro commerciale, un incrocio tra il moderno supermercato e il tipico mercato di una volta: ispirandosi al mercato che esisteva secoli fa, all’inizio del 2014 è stato inaugurato il Mercato di Mezzo, situato in un palazzo ottocentesco all’interno del Quadrilatero, dopo anni di chiusura e consistenti lavori di ristrutturazione. In questo stabile di 3 piani, per un totale di 740 mq di superficie, trovano spazio non solo i classici venditori di beni alimentari e ghiottonerie di tutti i tipi, ma anche una birreria artigianale e un’enoteca. A metà strada tra il passato e il futuro, incastonato tra splendidi monumenti, librerie pronte a soddisfare ogni vostro desiderio e allegre viuzze di mercato (quello vero, pieno di bancarelle e di chiasso) il Mercato di Mezzo è una proposta nuova che a me, personalmente, incuriosisce non poco. Chissà che non ci si incontri presto a sorseggiare un vinello e assaggiare qualche specialità bolognese, con un libro sotto un braccio e qualche busta della spesa.

Il Mercato Albinelli di Modena, monumento di interesse storico nazionale

Anche Modena vanta una tradizione culinaria da leccarsi i baffi, e custodisce un caratteristico e variopinto mercato simile alla Boqueria di Barcellona, o al Mercado de San Miguel di Madrid. Si tratta del Mercato Albinelli, che in una bella struttura di ferro e vetro custodisce bancarelle ricolme di prodotti enogastronomici, oltre a un incessante viavai di modenesi doc e turisti determinati a portarsi a casa qualche prelibatezza locale. Dichiarato monumento di interesse storico nazionale d’Italia nel 1997, il mercato Albinelli di Modena è l’erede del mercato medievale, ma nella formula attuale ha preso vita nell’ottobre del 1931. In quella data è stato inaugurato il grande mercato coperto che avrebbe assicurato maggiore comodità sia ai venditori che agli acquirenti, proteggendo il sacro momento delle compere dalle intemperie. Il progetto esisteva già nella seconda metà dell’Ottocento, ma solo all’inizio del secolo successivo si mossero i primi passi con la ristrutturazione della contrada delle Carceri, sede della beccheria, del macello e del tradizionale mercato del pesce. Ecco che via delle Carceri divenne Via Albinelli – il sindaco di allora era proprio Luigi Albinelli – e l’ingegnere Giuseppe Tubini fu incaricato di disegnare il futuro mercato. Doveva essere non solo funzionale, ma anche accogliente ed elegante: l’effetto è realizzato perfettamente dalle volute in ferro battuto, dalle sinuose ma possenti colonne e dalla raffinata fontana centrale di Giuseppe Graziosi, che rappresenta una fanciulla con un cesto di fiori. Alla faccia di chi vede il mercato come luogo plebeo, caotico e bestiale: qui la spesa si fa all’interno di un’opera d’arte, in un ordine disordinato che mette subito di buon umore. Tutti i sensi vengono stuzzicati dalle luci, dai suoni e dai profumi del Mercato Albinelli, che attira ogni settimana circa 30 mila visitatori, ed è facile tornare a casa con qualche fetta di prosciutto di Modena, un vassoio di tortellini, magari una bottiglia di nocino, un po’ di marroni dell’Appennino Modenese o di ciliegie di Vignola… ma soprattutto tanto, tanto appetito.
Come se non bastasse vengono organizzati in occasioni speciali eventi divertenti, anche per i più piccoli, come cacce al tesoro o concerti dal vivo. Tutte le informazioni sono sul sito ufficiale.

Il Mercato Orientale di Genova, antica città marinara

Un grande porto e una storica Repubblica marinara: esiste città più adatta di Genova ad ospitare un vivace mercato? Il Mercato Orientale genovese infatti, non delude chi cerca un’atmosfera caratteristica, con la sua ampia scelta di prodotti tipici, il suo spirito allegro e la location inusuale. Inusuale, sì, perché le bancarelle cariche di fiori, focaccia, vasetti di pesto, olio, basilico e acciughe del Mar Ligure – più un’enorme quantità di altri prodotti – trovano spazio all’interno di un ex convento, dove si trasferirono alla fine dell’Ottocento da Piazza De Ferrari. La storia del mercato procede di pari passo con quella della chiesa di Nostra Signora della Consolazione e del vicino convento, costruiti rispettivamente a partire dal 1684 e dal 1699. Ma il convento non fu mai completato, così che alla fine dell’Ottocento - mentre il traffico cittadino aumentava e il mercato in Piazza Ferrari diventava d’intralcio alla circolazione – si pensò di trasferire botteghe e bancarelle nell’antico chiostro inutilizzato. Nel maggio del 1899 veniva inaugurato il Mercato Orientale di Genova, così chiamato per la sua posizione accanto alla porta orientale cittadina, che ancora adesso attira i turisti e la gente del posto tutti i giorni ad eccezione della domenica, dalle 7.30 alle 13 e dalle 15.30 alle 19.30. Quando ce lo si trova davanti non ci si può confondere: lo si riconosce per l’ingresso che si affaccia su Via XX Settembre, agghindato da un variopinto tripudio di fiori. Poi il meglio si trova all’interno, dove potrete acquistare nel giro di pochi metri frutta e verdura, pane fresco, carne e pesce, prodotti tipici della cucina ligure ma anche capi d’abbigliamento, calzature, bigiotteria e tanto altro.
Troverete tutte le novità del mercato, la sua storia e le informazioni sugli eventi – ad esempio quelli per i più piccini – sul sito ufficiale del Mercato Orientale.

Il variopinto mercato torinese: Porta Palazzo, per gli amici Porta Pila

Salendo in Piemonte le temperature si fanno più basse e l’atmosfera non è solare come all’inizio del nostro viaggio – tra le strade di Palermo o di Catania – ma ciò non significa che le belle città del nord non possano offrire un mercato colorato, divertente e suggestivo, dove fare compere in allegria e conoscere più da vicino la gente e le tradizioni del luogo. Il mercato più importante di Torino è quello di Porta Palazzo, conosciuto dai più come Mercato di Porta Pila. Ad abbracciarlo c’è Piazza della Repubblica, ampia ed elegante, e si può dire che il mercato fa da cerniera tra il cuore di Torino e la parte più periferica, in un allegro confondersi di profumi e culture. Il mercato non si è sempre svolto qui: prima di approdare in Piazza della Repubblica nel 1835, veniva allestito nella Piazza delle Erbe (l’attuale Palazzo di Città) e nella Piazza del Corpus Domini. Nella nuova location vennero realizzate due grandi tettoie per le bancarelle di alimentari e diverse strutture in legno per la vendita di tessuti, gioielli e oggettistica varia, mentre nel sottosuolo fu creata una “ghiacciaia” per la conservazione del cibo.
Simbolo del Mercato di Porta Pila è il Padiglione dell’Orologio, un’elegante struttura in ferro battuto di ispirazione ottocentesca innalzata tra il 1915 e il 1916, simile a quella del mercato Les Halles parigino: la sua tettoia negli ultimi anni viene illuminata da insegne con la scritta “amare le differenze” in tante lingue diverse, a sottolineare l’apertura del mercato ad ogni popolo del mondo. Esiste anche un “Mercato dell’abbigliamento” progettato da Massimiliano Fuksas, e mentre torinesi e italiani si mescolano ad africani, indiani e cinesi, le specialità culinarie piemontesi incontrano capi d’abbigliamento alla moda e tanti altri articoli che sembra incredibile scovare in un unico luogo.

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