Misteri peruviani: le terrazze di Moray, Choquequirao e Otuzco

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Condividi Lorenzo Lovato

15/12/2008

Il Perù cela ancora molti enigmi legati al suo passato, mai risolti, e che, a distanza di secoli, continuano ad essere un mistero: dalle linee di Nasca, mai interpretate con certezza, alla magia della cittadella di Machu Picchu. Ci sono poi situazioni meno note ma altrettanto incredibili, come le enormi terrazze circolari di Moray o le ventanillas di Otuzco. Un viaggio in questo Paese significa confrontarsi con una storia affascinante, avvolta nella magia dei secoli, fra popoli e miti dimenticati, dei quali restano testimonianze archeologiche di impressionante valore. Lasciatevi sorprendere da racconti e miti, anche senza il bisogno di crederci necessariamente, ma solo per il piacere di vivere per qualche momento…la leggenda.

Le rovine circolari di Moray
C’è un luogo che vale la pena visitare per il mistero che lo circonda, senza essere necessariamente a conoscenza dei dubbi che ancora attanagliano scienziati e archeologi sul suo uso: le terrazze circolari di Moray. Vi chiederete subito, una volta sul posto, del senso di questa struttura senza riuscire a darvi una risposta. Situato a pochi chilometri da Cusco, circondato da montagne innevate e imponenti, il complesso è formato da sistemi di andenerías, enormi terrazzamenti circolari che sembrano scomparire, inghiottiti da una conca di circa un centinaio di metri di profondità. Il luogo cela qualcosa di magico. Oltre alla forma, simile a quella di un anfiteatro, questo sistema di gradoni concentrici che riempiono la depressione sono visibili solo quando si arriva sull’orlo della conca e, tra le numerose leggende ad esso legate, sembra fosse stato un centro di ricerche agricole inca, dedicato alla sperimentazione di coltivazioni su differenti livelli di altitudine. Questi appezzamenti, realizzati su mura di contenimento, riempiti con terra fertile e irrigati mediante un complesso sistema, consentivano di coltivare oltre 250 specie vegetali, grazie ai diversi microclimi di ogni terrazza. Studi scientifici, invece, mostrano che poteva trattarsi di un centro astronomico per lo studio delle stagioni, realizzato attraverso la luce solare e le ombre delle montagne circostanti.

Choquequirao, l’altra Machu Picchu
Pochi posti hanno acceso l’interesse degli archeologi, negli ultimi anni, come Choquequirao, che in lingua quechua significa “culla d’oro”, cittadella spettacolare e misteriosa molto più remota di Machu Picchu. Dopo due giorni di marcia, ricompensati dalla bellezza del paesaggio che accompagna il viaggiatore, si giunge al complesso archeologico, situato a 3.050 metri tra i monti della cordigliera Vilcabamba, al confine con il dipartimento di Apurimac. Gli archeologi credono che sia una delle tante città perdute di Vilcabamba, dove gli Inca si rifugiarono a partire dal 1536. Choquequirao è uno straordinario complesso formato da nove gruppi architettonici in pietra, centinaia di terrazze, abitazioni e sistemi idrici complessi perfettamente conservati, presumibilmente costruito durante il governo dell’Inca Pachacutec (secolo XV). Si pensa anche che fu uno dei punti di controllo d’entrata alla regione di Vilcabamba e, allo stesso tempo, nucleo amministrativo con funzioni politiche, sociali ed economiche. La concezione urbana ha seguito i modelli simbolici della capitale imperiale con zone di culto dedicate al Sole, agli antenati, alla terra, all’acqua e ad altre divinità, residenze reali, case di amministratori e di artigiani, depositi, grandi edifici dormitorio, o kallancas, e terrazzamenti agricoli dell’Inca e del popolo. L’area si estende per 700 metri, con un dislivello fino a 65 m tra la piazza principale e le zone più in alto. Da poco è stata scoperta un’enorme scalinata di 180 terrazzamenti che, scendendo lungo un fianco del centro cerimoniale, arriva fino al fiume Apurimac.

Le finestrelle dio Otuzco
A soli otto chilometri dalla città di Cajamarca, nel distretto dei Bagni dell’Inca, le ventanillas di Otuzco risaltano nel paesaggio naturale dato da boschi di eucalipti che si mescolano dolcemente al verde della zona degli allevamenti bovini. Situate a 2.850 metri, sono la necropoli di una popolazione pre-incaica, antecedente forse alla cultura Caxamarca, probabilmente d’influenza Wari. Centinaia di gallerie e nicchie individuali, che somigliano a finestrelle di forma rettangolare o quasi quadrate, furono scavate nella roccia vulcanica, raggiungendo gli 8 e 10 metri di profondità. Originariamente dovevano avere delle lapidi di pietra con figure simboliche a rilievo, a giudicare da alcuni frammenti ritrovati nelle vicinanze, e gli esperti hanno dimostrato che si trattava di un importantissimo luogo di culto degli antenati, i cui resti erano riesumati dai loro sepolcri originali ed introdotti in questi grandi fori (finestrelle). La tradizione racconta che gli Inca svuotarono l’interno della roccia e usarono le nicchie per altri scopi, trasfornandole in un granaio (in quechua “collca”: per questo motivo orientarono gli accessi contro vento, per mantenere gli antri sempre freschi.

La Maca peruviana, un dono degli Inca
Un’aurea di mistero e potenza aleggia attorno a questa pianta magica che viene coltivata nei territori andini del Perù dalla popolazione indigena che segue questa secolare tradizione in onore dei suoi padri, gli Inca. È un miracolo che ancora oggi la Maca peruviana resista in quelle zone inospitali, poste a più di 4.000 metri d’altezza. Secondo i racconti tramandati dalla tradizione, gli Inca erano soliti prendere la Maca prima delle battaglie. La pianta era in grado di fornire loro più forza e resistenza. Si sa inoltre che la Maca era vietata dopo la battaglia. In grado di aumentare il desiderio sessuale, la pianta medicinale non veniva più assunta dopo la conquista di una città per difendere le donne dai guerrieri Inca. Ancora oggi la Maca peruviana gode della stessa reputazione che aveva in passato. Molte persone la utilizzano per incrementare la propria libido e il livello d’energia. Sportivi e atleti la consumano per aumentare la resistenza.

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