La storia dell’automobile non è soltanto la storia di un mezzo di trasporto ma, attraverso di essa, passano gli eventi e le cronache di intere nazioni, passano i grandi avvenimenti dell’Europa del ‘900 e passano soprattutto le trasformazioni della società e della cultura dei popoli. Cosa sarebbe il Futurismo senza il suo simbolo di progresso e di modernità? Un’automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della Vittoria di Samotracia si legge nel manifesto del movimento. E ancora, come non considerare la grande accelerazione al diffondersi del motore a scoppio avvenuta con la prima guerra mondiale? E come ignorare il pulmino Volkswagen divenuto universalmente simbolo di libertà e spregiudicatezza dei “figli dei fiori” degli anni ’60 e ‘70?
L’indissolubile legame che unisce la storia dell’automobile a quella della nostra società e della nostra cultura è rappresentata all’interno del Museo Nazionale dell’Automobile di Torino attraverso le 30 sezioni in cui sono articolati i 9.000 mq di spazio espositivo, una suddivisione in sale che permette di definire con esattezza tematiche e periodi storici precisi, fornendo al visitatore un chiaro percorso narrativo, espresso con titoli e ambientazioni suggestive, dagli albori ai giorni nostri.
Il percorso di visita inizia al secondo piano con la sezione GENESI, un omaggio ai tanti precursori che nel corso degli ultimi cinque secoli hanno cercato un modo di muoversi e trasportare cose e persone svincolato dalla forza fisica animale. Sugli scaffali della grande biblioteca di Genesi sono presentate alcune delle molteplici intuizioni che hanno preceduto e in alcuni casi reso possibile l’avvento dell’automobile vera e propria, che farà la sua comparsa alla fine dell’Ottocento. Le vetture in scena sono la ricostruzione del carro semovente immaginato da Leonardo da Vinci nel 1478 e la ricostruzione del carro a vapore del francese Nicolas Cugnot, primo veicolo auto-mobile della storia del 1769. Si passa poi alla rivoluzione industriale dell’800 e al motore a vapore nella sezione I CAVALLI DIVENTANO FANTASMI, dove sono protagoniste le carrozze del Sette e Ottocento, che avevano assicurato una notevole rete di comunicazioni tra le più importanti città europee e all’interno degli stati stessi. La vettura in scena è la carrozza a vapore costruita a Torino nel 1854 da Virginio Bordino.
Ci si rende presto conto che la forma delle carrozze mal si coniuga con la velocità, il mito del nuovo secolo ormai vicinissimo. Nella sezione A TUTTA VELOCITÀ sono presentate le nuove forme studiate per far fronte a questa nuova esigenza, come quella a siluro, con cui si raggiungono velocità inaudite: addirittura oltre i 100 km all’ora, come il record segnato dall’Incontentabile il 29 aprile 1899. La velocità entra a far parte della vita, muta il concetto di spazio, di tempo, di distanza, cambia i rapporti tra le persone, gli scambi, i commerci. La vettura in scena è la ricostruzione appunto della Jamais Contente, realizzata dal belga Camille Jenatzy, con motore elettrico, il primo veicolo al mondo a superare il muro dei 100 km all’ora (29.04.1899, 105 km/h).
Nella sezione IL GRANDE GARAGE DEL FUTURO siamo in un grande garage-officina d’inizio Novecento, forse a Torino, forse in Germania, Francia, Inghilterra. Operai di alto livello, artigiani finissimi, progettisti geniali, meccanici, piloti, collaudatori e imprenditori lavorano fianco a fianco sull’oggetto che incarna il futuro, il progresso, la novità: l’automobile. Al fondo della sala un laboratorio, “l’officina del mago”: disegni, progetti, attrezzi, pezzi vari, tavole. Protagoniste di questa sezione sono numerose vetture: la Benz Victoria del 1893, la Peugeot Tipo 3 del 1892, prima auto acquistata in Italia; la Bernardi 3,5 CV del 1896, prima auto a tre ruote costruita in Italia; la Benz Break, quasi un taxi ante-litteram, del 1899; la De Dion & Bouton 8 HP del 1903; la Panhard Levassor B1 del 1899; la Renault 3,5 HP del 1899; la Ceirano del 1901; la Darracq 5HP del 1902; la Florentia del 1903, unico esemplare tuttora esistente di questa marca; l’Oldsmobile Curved Dash del 1904, primo veicolo con caratteristiche utilitarie; la Fiat 4 HP del 1899, il
modello d’esordio della casa torinese; la Fiat 8 HP del 1901 che partecipò al primo Giro d’Italia; la Fiat 12/16 HP del 1902, prima Fiat ad essere esportata; la Fiat 16/20 HP del 1903 (turismo).
In FERVORE MECCANICO DEL NOVECENTO la grande immagine colorata che fa da fondale richiama le opere del Futurismo, rivoluzionario movimento artistico-culturale nato in Italia all’inizio del Novecento. Simboli di questo movimento, proteso verso il futuro e la modernità sono l’automobile, l’aeroplano, la motocicletta, l’ebbrezza della velocità, il gusto del rischio e dell’azzardo. È uno dei rari momenti di connubio tra arte e industria. Le vetture in scena sono la Fiat 24/32 HP del 1905, Fiat 24/40 HP del 1906; Fiat Zero del 1912, capostipite delle utilitarie torinesi; Brixia Zust 10 HP del 1908; l’elettrica Stae del 1909, la Legnano del 1908; De Dion Bouton BG del 1907; la Fiat landaulet 18/24 HP appartenuta al Conte Biscaretti del 1908; la ricostruzione della sagoma dell’Alfa Romeo Ricotti del 1914
La sfida in imprese mai tentate prima che caratterizza quegli anni (nel 1901 Guglielmo Marconi conduce i suoi esperimenti sulle trasmissioni radio e invia una lettera dell’alfabeto Morse attraverso l’oceano Atlantico, mentre nel 1903 i Fratelli Wright compiono il loro primo volo) è il tema della sezione FINO AL CENTRO DEL MONDO. L’automobile diventa il mezzo con cui misurarsi con l’impossibile: nel 1907 viene lanciata l’idea di un raid che attraversi l’Asia e l’Europa, da Pechino a Parigi, in terre dove non c’erano strade né possibilità di rifornimenti. Moderna Marco Polo, si afferma su tutte l’italiana Itala, che in 60 giorni effettivi di viaggio compie l’incredibile tragitto. Per l’industria automobilistica italiana è il trionfo. Proprio l’Itala Pechino-Parigi del 1907 è la vettura protagonista della sezione.
Sempre in questi anni l’automobile diventa, oltre a oggetto di sperimentazione, anche sinonimo di lusso e quindi portatrice di un valore in quanto tale e pertanto desiderabile. La sezione IL LUSSO DELL’AUTO presenta proprio quelli che all’epoca erano considerati dei “salotti viaggianti” usati da aristocratici e regnanti come vetrine del potere e dello sfarzo. E molto sfarzose erano anche le “vetrine” delle auto, ossia i primi Saloni Automobilistici, organizzati a Parigi, Londra, Torino, Milano e nelle più importanti città europee. In scena l’Isotta Fraschini AN 20-30 HP del 1909, la Delage AB-8 del 1913, l’Itala del 1909 appartenuta alla Regina Margherita e da lei battezzata “Palombella”.
LA GUERRA SCOMBINA LE CARTE: in quanto specchio degli avvenimenti storici di un’epoca e oggetto di riferimento nella storia, le ricerche sull’automobile conoscono un nuovo impulso durante la prima guerra mondiale. La produzione di automobili per uso civile conosce una battuta d’arresto, ma al contempo si diffonde il motore a scoppio e nascono le truppe motorizzate. Cambia quindi il volto della guerra, dove nelle prove di forza tra stati, entra in campo anche la tecnologia. Nella sezione sono protagoniste 2 vetture: Renault AG- Fiacre Paris del 1910, il taxi che portò i soldati francesi al fronte sulla Marna salvando Parigi dall’invasione tedesca, e la Fiat 4 del 1911, utilizzata nella versione militare dal nostro Esercito.
I FOLLI ANNI VENTI E TRENTA racconta il dopo guerra e il dilagante gusto per la modernità, quando si balla al ritmo del charleston, il jazz diventa di moda, lo stile artistico Art Nouveau evolve nell’Art Déco e figure femminili cominciano ad affermarsi in quei settori tradizionalmente riservati agli uomini, come l’aviazione e l’automobilismo. Sono presentate qui la Rolls Royce 40-50 Hp del 1914; l’Isotta Fraschini 8 del 1920 e 8A (un modello fu acquistato persino da Rodolfo Valentino) del 1929; la Spa 23 S del 1922; la Diatto 30 del 1928; la Citroen C3 del 1922, chiamata “citron” per il suo colore squillante.
Negli anni ’40, la progettazione delle automobili prodotte in grande serie si avvale per la prima volta di una scienza fino a quel momento appannaggio dell’aeronautica: l’AERODINAMICA, che dà anche il nome alla sezione. Grazie a questa scienza migliorano le prestazioni e la tenuta di strada e si rivoluziona la linea, come dimostrano i tanti modellini che quasi “volano” nel cielo della città progettata dall’ingegnere aeronautico Gabriel Voisin. In scena la Lancia Aprilia del 1948, uno dei capolavori di Vincenzo Lancia.
Gli anni a cavallo tra i ’20 e i ’30 del ‘900 sono anche determinati da grandi stravolgimenti sociali, economici e politici che coinvolgono non solo l’Europa ma il mondo intero: TUTTO CAMBIA è dedicata appunto alla crisi del ’29, all’imporsi dei grandi regimi totalitari d’Europa e all’imminenza dello scoppio della seconda guerra mondiale, a seguito dei quali si affacciano nuovi personaggi e quindi anche nuove vetture. Qui sono presentate la Mercedes Benz 500 K del 1936, un classico dei gerarchi nazisti; la Fiat 508 “Balilla” del 1932, la Austin Seven del 1932, uno dei primi veicoli autenticamente utilitari; la Packard Super-Eight 1501 del 1937, tra le ultima vestigia di un mondo in via di scomparsa; la Citroen Traction Avant del 1934, di
concezione rivoluzionaria; la Fiat 500 del 1936, la più piccola auto mai costruita in grande serie nel mondo; la Ford Jeep del 1941, il “General Purpose” nato in America per scopi militari.
Arrivano gli anni ’50, in cui l’Italia dimostra la sua grande capacità di creatività e progettazione per la ricostruzione della nazione. L’Italia automobilistica ritrova la sua strada grazie ad industriali, ingegneri, progettisti e meccanici che ricominciano quasi da zero. L’arte carrozziera italiana conosce uno dei suoi periodi più fertili, tanto da diventare “scuola” e dettare legge nel design automobilistico mondiale: è una vera e propria RIVOLUZIONE ITALIANA, come dimostrano le due vetture esposte: Cisitalia 202 del 1948, la “scultura semovente” del secolo, Fiat Turbina del 1954, prototipo sperimentale con turbomotore a gas.
La RIVOLUZIONE FRANCESE è invece dominata da una vettura della casa automobilistica Citroen e che ancora oggi è considerata un vero capolavoro: si tratta della Citroen DS 19 (Déesse) del 1955, presentata al Salone di Parigi e da allora alla ribalta della costruzione automobilistica per le sue straordinarie caratteristiche, che la rendono diversa da tutte le altre auto in produzione e con cui sembra anticipare i tempi di almeno dieci anni. La linea, esaltata dall’allestimento con cui la vettura era stata presentata alla Triennale di Milano del 1957, è disegnata dall’italiano Bertoni.
GLI ANNI DELLA RIPRESA in Italia vedono apparire nelle famiglie alcuni timidi segnali di benessere. La Fiat 600 è la prima vera utilitaria italiana e permette una mobilità a strati della popolazione che finora ne erano stati esclusi: è la Ford T italiana, quarant’anni dopo. Nascono i primi “esodi d’agosto”, migrazioni di massa verso le spiagge nelle settimane del solleone. Sono anche gli anni della Giulietta Sprint, una vettura certo non di massa, simbolo della bella linea italiana. In scena la Fiat Multipla 1955 nella rivisitazione di IDEA Institute del 1995 e l’Alfa Romeo Giulietta Sprint del 1954, uno dei modelli più rappresentativi dello stile e dell’ingegneria automobilistica italiana degli anni cinquanta.
DAVIDE E GOLIA rappresentano il dualismo tra lo stile europeo e quello americano, un rapporto di “odio-amore” che investe tutti i settori della vita sociale, dal cinema alla cucina, dalla letteratura alla musica e che permane ancora oggi. Se il gusto americano predilige vetture dalla linea barocca e sovraccarica, dai consumi altissimi adatte per parcheggi sconfinati, in Europa si producono vetture studiate per costare e consumare poco, servire tanto e permettere alle popolazioni stremate da cinque anni di guerra di ricominciare a vivere. Non vi può essere contrasto più stridente tra la progettazione americana e quella europea alla fine degli anni cinquanta, come le vetture esposte dimostrano tangibilmente. In questa sezione sono esposte e contrapposte la Cadillac 62 del 1947, uno dei modelli di punta della casa americana, la “micro vettura” Acma Vespa 400 del 1958, progettata dalla Piaggio e prodotta in Francia, e le ricostruzioni delle sagome della Cadillac Eldorado e della Chevrolet Impala.
ARRIVA LA FELICITÀ: due vetrine, ispirate a quelle della celebre catena di Grandi Magazzini “La Rinascente”, ripropongono gli oggetti che negli anni del “boom economico” (1958-1963) diventano finalmente alla portata di molti, se non di tutti. Arrivano i primi elettrodomestici, come le lavatrici e i frigoriferi, si diffonde la televisione, la pubblicità diventa parte integrante delle nostre giornate, spopola la polaroid. Vanno in scena la Fiat 1900 GL del 1958, la Fiat 600 del 1955 e la Fiat 500 del 1957, le due utilitarie-simbolo della casa torinese; la Morris Mini del 1959 del geniale progettista Issigonis, la Jaguar tipo E del 1969, icona del lusso.
Nella sezione I GIOVANI ALLA CONQUISTA DEL MONDO sono raccontati gli anni della lotta studentesca, dei figli dei fiori, della 2 CV Citroen e del pulmino Volkswagen, universalmente sinonimi di avventura e anticonformismo. Sono i simboli di quell’universo giovanile che negli anni ’60 parte alla conquista di un mondo ideologicamente, socialmente e culturalmente diverso da quello degli adulti. Sono esposte la Citroen 2 CV del 1948 e il pulmino Volkswagen Transporter Bulli del 1949.
La crisi petrolifera d’inizio anni ’70 viene affrontata in Italia con la politica del risparmio energetico nota come "austerity", che non porta però a una seria e responsabile soluzione energetica e le cui conseguenze si abbattono su interi settori come la grande distribuzione, l’indotto automobilistico, il turismo e lo spettacolo. Ciò nonostante si scoprono NUOVE TENDENZE IN EUROPA E NEL MONDO e, nel nostro paese, le vetture di lusso continuano a scintillare. Sono gli anni della Ferrari 308 GTB Carburatori del 1980 di Pininfarina, della Iso Rivolta Lele F del 1972, progettata da Bertone e della NSU R0 80, con motore Wankel a pistoni rotanti.
Nella sezione GOOD BYE LENIN siamo al Check Point Charlie, il famoso posto di blocco per il passaggio da Berlino Est a Berlino Ovest, che negli anni del Muro separava il mondo occidentale dai regimi di stampo sovietico. Da una parte vetturette come Trabant e Syrena, due piccole utilitarie dell’Est dal design antiquato, e dall’altra uno dei gioielli del capitalismo occidentale, una Ferrari rossa. La caduta del Muro, il 9 novembre 1989, riunifica finalmente la capitale tedesca. In scena ci sono la Ferrari 365 GT4 del 1973, la Trabant 601 del 1987, l’auto simbolo della Berlino Est e la Syrena L 105 del 1973, con motore a 3 cilindri.
Con gli anni ’90 il mondo conosce una vera e propria rivoluzione culturale: sono gli anni della GLOBALIZZAZIONE, dell’abbattimento dei confini finanziari e di mercato e in cui la crisi interna di un paese può innescare ripercussioni disastrose sull’economia mondiale. Ma sono anche gli anni del “ritorno alla natura”, dell’interesse verso l’ambiente e dell’attenzione nei confronti del pianeta. La società si trova di fronte ad un bivio: da una parte un mondo scuro e grigio, fatto di petrolio, traffico, inquinamento e degrado, dall’altra un mondo chiaro e luminoso, dove l’energia proviene da fonti rinnovabili e il nostro stile di vita non è incompatibile con la tutela dell’ambiente. Il DESTINO, l’ultima sezione del secondo piano, mostra come l’automobile sia uno dei simboli di questa contrapposizione, assumendo il ruolo contemporaneamente di problema e di sua soluzione: da un lato causa dell’inquinamento e dall’altro risposta concreta al bisogno sempre più forte di rispetto e tutela della natura attraverso la ricerca e l’applicazione di soluzioni eco-compatibili. In scena la Phoenix II elettrosolare del 1987 e la Fiat Ecobasic del 2000.
Con AUTORINO il percorso di visita scende al primo piano: oltre 70 le aziende automobilistiche nate nel capoluogo piemontese nel corso del ‘900, oltre 80 i carrozzieri che vi operano e, ancora oggi, sede di poli di eccellenza nel campo della progettazione e del design (ne sono un esempio il Politecnico, lo IAAD – Istituto d’Arte Applicata e Design e lo IED – Istituto Europeo di Design). In questa sezione sono esposte la Fiat 500 del 1962, la Storero del 1914, la Scat-Ceirano 150S del 1926, la Temperino del 1920, la Fiat 509 del 1929 e la piccola FOD del 1926.
SINFONIA MECCANICA è dedicata alla creazione meccanica come forma di espressione artistica in quanto prodotto dell’inventiva e della creatività umana. Come in una grande sinfonia sono raccolti in questa sala i componenti nascosti dell’automobile, i motori, i telai e le ruote, che ne costituiscono l’essenza interiore, contrapposta alla carrozzeria, il suo abito esteriore. In scena il telaio Chiribiri 1924, telaio San Giusto 750 del 1924, telaio Lancia Lambda del 1924, telaio Alfa Romeo 6C 1500 Mille Miglia Speciale del 1928, telaio Fiat 1500 del 1935, 27 motori, 14 ruote e 7 copertoni.
La produzione seriale è esplorata nella sezione METAMORFOSI: l’uomo si trasforma in robot o il robot assume sembianze umane? La produzione industriale in serie, sperimentata per la prima volta in America nelle officine Ford per la costruzione della T (15 milioni di auto in 19 anni), è il “motore” del Novecento, è il processo che permette la fabbricazione e diffusione di milioni di oggetti tutti uguali in tutto il mondo a prezzi sempre più accessibili. A rappresentare questa serialità ci sono l’Autobianchi Primula del 1967, la Fiat 850S del 1969, il Volkswagen Tipo 1 del 1952, l’Autobianchi Bianchina del 1959, la Ford T del 1916, la Lloyd Alexander TS del 1958.
Nella PUBBLICITÀ i marchingegni allineati lungo le pareti, totem mediatici in metallo, rimandano al concetto di “lavaggio del cervello” di cui la pubblicità è spesso accusata. Nel mondo industriale contemporaneo la comunicazione pubblicitaria è infatti al centro di tutte le attività economiche e l’automobile non sfugge a questa legge, anzi: fin dall’inizio l’auto ha avuto bisogno della pubblicità come ogni altro oggetto industriale complesso. Invasiva e martellante, ce ne lamentiamo ma non riusciamo a farne a meno.
L’amore esagerato, grottesco e caricaturale per l’automobile è al centro della sezione FOLLIA: come ogni passione, anche quella per l’auto può trasformarsi in ossessione, dove non c’è più spazio per null’altro, nella testa di chi abita questa “casa” come nell’arredamento che lo circonda.
E poi ancora la GIUNGLA dei segnali stradali in cui le automobili si muovono nelle nostre strade, simulacri degli infiniti divieti e delle necessarie regole cui occorre attenersi nella guida così come nella vita. In scena la Lancia Delta Integrale del 1986 e la Fiat 500 Sporting Kit del 1995, colpevoli di aver usato la strada come una pista.
In FORMULA viene esaltato il mito della velocità, grande mito contemporaneo. In una sorta di cavalcata onirica ed entusiasmante, tutte le auto da corsa della collezione, di tutte le epoche, si ritrovano qui a correre insieme verso il traguardo, sotto gli occhi del visitatore. Dall’altra parte della pista, la ricostruzione di quattro box esemplificativi di altrettanti periodi della storia delle corse. A “sfrecciare” sulla pista del Museo dell’Automobile la Fiat F2 130 HP del 1907,la Fiat S 57/14 B del 1914,l’ Aquila Italiana 25/30 HP del 1912, l’Itala 11 del 1925, la Maserati 26B del 1928, la Maserati 250 F del 1954, la Bugatti 35 B del 1929, l’Alfa Romeo P2 del 1930, l’Alfa Romeo 159 del 1951, l’Alfa Romeo 179B del 1981, l’Alfa Romeo 33 TT 12 del 1975, l’Alfa Romeo 155 V6TI del 1996, la Monaco Trossi del 1935, il Tarf del 1948, la Ferrari 500 F2 del 1952, la Ferrari 156 F1 del 1963, la Ferrari 312 T5 del 1980, la Ferrari 246 F1 del 1960, la Mercedes Benz RW196 del 1954, la Lancia D50 del 1955, il Nibbio 2 del 1955, il Dragster del 1965, la Lancia D24 del 1953, la Ferrari F40 1987, la Ferrari F1 di ultima generazione.
E infine si arriva alla parola più rappresentativa del mondo automobilistico di questo ultimo decennio: DESIGN, cioè quella capacità progettuale che comprende non solo la definizione delle caratteristiche esteriori di un oggetto ma sviluppa tutte quelle relazioni funzionali, strutturali ed estetiche che identificano un prodotto di tipo industriale. In pochi decenni il design si è evoluto tecnologicamente e vede nell’Italia di oggi una fucina di idee, talenti e ispirazione. In questa sezione, che si sviluppa sia al primo piano che al piano terra, sono riportati gli esempi più belli del design contemporaneo oltre alle interviste con i più grandi designer di oggi: l’Itala 25/35 HP del 1912, l’Alfa Romeo RL SS del 1926, la Fiat 520 del 1928, l’Alfa Romeo 8C 2300 del 1934, la Lancia Aurelia B20 del 1958, il mascherone dell’Alfa Romeo Giulietta Sprint del 1954, la Fiat 519 S del 1923, la Lancia Lambda torpedo del 1930, la Cisitalia 202 SMM spider Nuvolari del 1947, l’Alfa Romeo Disco Volante del 1952, la Lancia Flaminia presidenziale del 1961, l’Abarth 2400 coupé Allemano del 1964, l’Alfa Romeo 2600 touring spider del 1965, la Maserati Mexico del 1968, la Ferrari 208 GTB turbo del 1982.
Dal 20 marzo 2011 il Museo sarà aperto il lunedì dalle 10 alle 14; il martedì dalle 14 alle 19; il mercoledì, il giovedì e la domenica dalle 10 alle 19; il venerdì e il sabato dalle 10 alle 21.
Il costo del biglietto è: intero 8 euro, ridotto 6 euro, scuole 2,50 euro.