Sede della più antica università italiana dopo quella di Bologna, Padova è anche luogo di pellegrinaggio legato al culto di Sant’Antonio, religioso francescano portoghese (il vero nome è Fernando Martins de Bulhoes) canonizzato dalla chiesa cattolica come Antonio di Padova.
Superato il cinquecentesco ponte del Maglio si raggiunge l’ampia Piazza del Santo, nel cuore della cittadella antoniana, area che si sviluppò nel Medioevo a S dell’ “insula” con fulcro urbanistico nella basilica di Sant’Antonio. Masse di pellegrini e frequentatori della fiera dedicata al religioso (che ebbe inizio sin dal 1596) chiesero una particolare organizzazione viaria del quartiere. A chiudere questa bella piazza vi sono l’oratorio di San Giorgio e la Scuola di Sant’Antonio mentre sugli altri lati si sviluppano case, in parte a portici, con botteghe e trattorie mentre il sagrato ospita l’imponente monumento equestre di Erasmo da Narni, condottiero della Repubblica di Venezia noto (per la sua astuzia) come il Gattamelata.
Celebre testimonianza bronzea di impronta rinascimentale del Donatello, a cui venne commissionato nel 1447 e portato a termine 6 anni più tardi, la statua ritrae Erasmo, vincitore di Filippo Maria Visconti nel 1437-39, che morì proprio a Padova nel 1443. L’opera scultorea ha un basamento di trachite a forma di sepolcro poggiato su tre gradoni che termina con un attico impreziosito da bei putti reggistemma.
La basilica di Sant’Antonio, detta il Santo, è un edificio che mescola elementi romanici (evidenti soprattutto nella facciata e nella parte anteriore), gotici (abside) e orientali (i campanili e le cupole). Proprio il complesso delle cupole ricorda San Marco di Venezia ma anche l’architettura romanica francese del Périgord, ispirata al mondo bizantino, con la quale ha maggiori affinità dal punto di vista della tecnica costruttiva.
Iniziato nel 1232, anno della beatificazione del santo morto all’Arcella nel giugno del 1231 (era nato a Lisbona nel 1195), per custodirne la tomba, l’edificio religioso inglobò la chiesetta di Santa Maria Mater Domini: avrebbe dovuto essere terminato nel 1310 ma in realtà continuò ad essere oggetto di interventi sia a seguito di incendi (1567 e 1749) e devastazioni fra cui lo scoppio della polveriera del Maglio nel 1617.
La facciata, su quattro arcate, è centrata dal portale a tutto sesto e termina, oltre la galleria coperta, nel timpano con rosone centrale sormontato da un campaniletto rotondo. Nella lunetta del portale maggiore si possono ammirare i santi Antonio e Bernardino adoranti il monogramma di Cristo, copia eseguita da Nicola Lochoff dell’affresco del Mantegna. Le tre porte in bronzo furono eseguite su disegno di Camillo Boito (1895); in quella maggiore, spiccano i ss. Ludovico, Francesco, Antonio e Bonaventura di Giuseppe Michieli.
A caratterizzare la basilica sono otto cupole di cui sette, compresa quella del tesoro aggiunta agli inizi del ‘700, sono emisferiche con croci alla sommità mentre la centrale (con un angelo segnavento) ha forma conico piramidale di gusto orientaleggiante come i due campanili ottagonali sul retro e ultimati nel 1449.
L’interno della basilica è a croce latina, diviso in tre navate da pilastri, con gallerie che corrono sull’alto delle pareti. La navata centrale si presenta con affreschi del XV° secolo sui pilastri ai lati dell’ingresso, all’interno di nicchie, mentre sopra la porta centrale si può ammirare il dipinto di Pietro Annigoni. Da non perdere al 1° pilastro destro la Madonna con Bambino e i Ss. Pietro, Bernardino, Antonio e Paolo realizzati da Bernardino da Asola mentre ai piedi si trova l’acquasantiera con San Giovanni Battista di Tullio Lombardo. Al 2° pilastro, sempre sulla destra, si trova il bel monumento del cardinale Pietro Brembo del Sanmicheli; al 3° l’affresco Madonna in trono del XIV° secolo e al 4°, sopra il pulpito, la Madonna e santi attribuita al maestro di Roncaiette. Sulla sinistra spiccano invece il monumento di Alessandro Contarini, generale della Serenissima, sempre a firma del Sanmicheli (2° pilastro) e il monumento di Orazio Secco del Filippo Parodi datato 1686 (1° pilastro).
La navata di destra della basilica si presenta con la Pietà di Jacopo da Montagnana collocata in una nicchia a sinistra dell’ingresso laterale. Procedendo al visita dell’edificio religioso si giunge alla prima cappella, detta del Santissimo o del Gattamelata, eretta a spese della vedova del condottiero nel 1456-1459 e poi rinnovata da Ludovico Pogliaghi nel 1927-36; alla parete sinistra vi è la tomba di Erasmo da Narni e a destra quella del figlio Giannantonio eseguita da Maestro Gregorio di Allegretto nel 1458. Il transetto è invece occupato dalla cappella di San Felice o di San Giacomo, opera di Andriolo de’ Santi e del figlio Giovanni, edificata nel 1372-77 a spese di Bonifacio dei Lupi di Soragna. Per l’unità tra architettura, decorazione scultorea e pittorica rappresenta un eccezionale esempio di cultura gotica che si richiama alla tradizione veneziana diversificandosi invece da quella padovana. All’Altichiero si devono invece l’ideazione e l’esecuzione degli affreschi Leggenda di San Giacomo, altre scene e Grande Crocifissione, uno dei massimi capolavori dell’arte del Trecento soprattutto per il naturalismo delle figure. Nel riquadro Il Consiglio della Corona, importante galleria di ritratti, sono raffigurati Francesco il vecchio da Carrara, Francesco Petrarca e altri uomini di corte e cultura viventi a Padova. Sopra la cappella si trova invece un grande organo di 4189 canne, opera di Carlo Vegezzi Bossi (1895).
Entrando in sagrestia si viene accolti dall’affresco Ingresso di Sant’Antonio in paradiso eseguito da Pietro Liberi nel 1665 sul soffitto mentre a destra si trova un grande armadio marmoreo ricco di sculture, opera di Bartolomeo Bellano. Si accede poi alla Sala del Capitolo, ambiente trecentesco con volte a vela dove alle pareti spicca un frammento di Crocifissione attribuita a Giotto. Rientrando in chiesa si visita il presbiterio preceduto da una balaustra con quattro statue di Virtù realizzate in bronzo dal Tiziano Aspetti. L’altare maggiore, opera del Donatello, fu poi demolito e rifatto da Camillo Boito nel 1895 riutilizzando in una diversa disposizione gli splendidi bronzi del grande artista toscano e dei suoi allievi. Da notare per la loro grande raffinatezza la Madonna con il Bambino in trono, il Crocifisso e i Ss. Antonio, Giustina e Ludovico vescovo. Alle pareti del presbiterio, rifatte nel XVIII° secolo in parte con materiale donatelliano, vi sono 12 bassorilievi in bronzo di cui il 9° e l’11° di Andrea Briosco e gli altri di Bartolomeo Bellano, che raffigurano Caino e Abele, Davide atterra Golia, Sansone fa crollare il tempio e Giudizio di Salomone. Tutta l’abside è decorata da affreschi di Achille Casanova (1926-1931) che rappresentano Maria in gloria, santi e figure che simboleggiano i libri del Vecchio Testamento.
Attorno al presbiterio gira l’ambulacro su cui si affacciano le cappelle a raggiera quasi tutte decorate a spese delle nazionalità a cui si riferiscono. Fra i capolavori ospitati nella basilica di Sant’Antonio vi è la grande cappella delle reliquie e del Tesoro, il più vivace complesso barocco esistente a Padova: a pianta centrale, la sua esecuzione si deve a Giovanni Grassi su disegno di Filippo Parodi di cui sono anche le statue. Negli armadi marmorei è racchiuso il Tesoro che comprende fra l’altro i reliquiari della “lingua incorrotta di Sant’Antonio” antica opera in argento dorato del XIII° secolo e una navicella per l’incenso di arte bolognese del XV° secolo.
Fra le altre cappelle considerate importanti testimonianze di arte religiosa vi sono quella della Madonna Mora, resto della preesistente chiesa di Santa Maria Mater Domini, ridotta al rango di cappella nel 1264; quella del beato Luca Belludi o dei Conti, aggiunta nel 1382 e decorata dall’ultimo grande ciclo di affreschi di Giusto de’ Menabuoi, restaurati nel 1786 e ancora nel 1988, in cui spicca un’interessante veduta di Padova cinta della mura carraresi turrite. Nel transetto sinistro si apre invece la cappella dell’Arca del Santo iniziata su disegno di Andrea Briosco da Giovanni Minello. La parte frontale è aperta da cinque arcate su colonne e pilastri ricoperti da bassorilievi mentre nell’attico superiore, all’interno di nicchie, vi sono alcune statue fra cui quelle di Santa Giustina, San Giovanni Battista, San Daniele e Sant’Antonio. Ornato da stucchi, opera di Giovanni Maria Falconetto, il bel soffitto che introduce il motivo decorativo nel Veneto; l’interno è a pianta rettangolare, con pareti decorate in basso da un prospetto architettonico di arcate chiuse e in alto da specchi marmorei; le arcate incorniciano invece rilievi raffiguranti episodi della vita del religioso portoghese. Nel mezzo della cappella si trova l’altare, su disegno di Antonio Aspetti, del 1593 mentre i gruppi di angeli che sostengono i due magnifici candelabri d’argento sono di Filppo Parodi e di Orazio Marinali. I cancelli in bronzo, con i protettori della città, sono opera di Girolamo Paliari. Nella parte posteriore dell’altare, si trova l’arca di marmo verde che contiene il corpo del santo, lungo la quale vi è sempre un passaggio ininterrotto di fedeli.
Nella navata sinistra vi sono invece il monumento di Caterino Cornaro, generale veneto morto nella guerra di Candia (1669), bella opera barocca di Giusto Le Court e una statua in marmo raffigurante Santa Cristina di Giacomo Zorzi.
A completare la basilica, una delle più grandi del mondo visitata annualmente da oltre 6 milioni di fedeli tanto da essere uno dei santuari più venerati del mondo cristiano, ci sono i chiostri fra cui spicca quello del Capitolo o della Magnolia, il nucleo più antico del monastero eretto nel 1240 e completato nel secolo XV° dove si può ammirare l’affresco di Andrea Mantegna che raffigura i Ss. Antonio e Bernardo adoranti il monogramma di Cristo. Si accede poi al chiostro del Noviziato, caratteristico per la vera da pozzo di Giovanni Minello, a quello del Paradiso, così chiamato perché serviva da sepoltura ai monaci sino a quello del Generale, iniziato nel 1434, con alti archi gotici su colonne e stemmi di papi e vescovi alle pareti.
Da non perdere neppure la Biblioteca Antoniana, ospitata al piano superiore del Chiostro del Generale, che contiene ben 85 mila volumi fra cui 850 codici manoscritti, 300 incunaboli, 3 mila cinquecentine oltre ad opere del Seicento e del Settecento. La biblioteca raccoglie inoltre l’archivio antico e moderno della Veneranda Arca di Sant’Antonio, istituzione di Padova che si occupa di tutelare il complesso antoniano.
Apertura della basilica: dalle 6.20 alle 18.45 durante l’orario solare e dalle 6.20 alle 19.45 durante quello legale.
La basilica ospitata in piazza del Santo 11 (35123 Padova) può essere raggiunta in auto (uscite Padova Est, Padova Ovest e Padova Sud); in treno per poi proseguire a piedi (corso del Popolo, corso Garibaldi, piazza Eremitani, via Zabarella e via Del Santo), con il tram (fermata Santo) o con l’autobus ( tutte le linee A, M e T, linee urbane 3, 12, 18); dall’aeroporto Marco Polo da cui si procede con gli autobus della Sita che arrivano in piazzale Stazione (si procede infine con il tram con fermata a Parato della Valle, a piedi o con il bus navetta che porta alla basilica).
Sito di riferimento http://www.basilicadelsanto.it