Marijuana: viaggio nei paesi dove è legale o tollerata
C’è quella legalizzata e quella liberalizzata, quella per scopi terapeutici e quella per uso ricreativo, quella tollerata (con entrambi gli occhi chiusi) e quella che porta dritto in carcere.
Quando si parla di marijuana estremamente grande è la confusione sotto il sole. Quindi la situazione è eccellente. Si, perché si scrive cannabis. Ma si legge – per colpa della Legge - in mille modi differenti. E se in alcuni paesi addirittura esiste il turismo della canna in altri, per un fil di fumo, si rischia grosso. Insomma, due amici e una chitarra sono sempre ok. Lo spinello, ogni tanto, è meglio lasciarlo perdere.
Una sola però è la cosa certa: fumano in tanti. Lo dice persino la Unione Europea che ha fatto due conti: stimando che oltre settanta milioni di europei consumino, con una certa regolarità, marijuana o i suoi derivati. E la crisi qui non c’è: il numero è in aumento. Così ogni paese ha provato a regolamentare la febbre del fumo. E quando si pensa alle canne libere il pensiero corre al paese dei tulipani.
In realtà la situazione in Olanda è abbastanza diversa da quello che si pensa. Nei Paesi Bassi infatti le droghe - tutte, senza distinzione - sono proibite così come vietato vendere, produrre e possedere sostanze. E allora i mitici coffee shop di Amsterdam? Sono la dimostrazione che pur essendo proibite i Paesi Bassi hanno scelto la via della tolleranza. In altri termini lo Stato consente l’utilizzo della cannabis con condizioni ben precise. I coffee shop, per esempio, possono vendere solo droghe leggere e non più di 5 grammi al giorno per persona. Non solo: proprio per ridurre il turismo del fumo l’Olanda sta introducendo regole più stringenti per cui anche nei coffee shop si può vendere marijuana solo ai residenti del paese. Sulla applicazione della norma ci sono però ancora alcuni dubbi e se in una località la regola è ferrea altrove si chiude un occhio. La morale però è chiara: canne e buoi dei paesi tuoi.
Simile la posizione nel vicino Belgio: la droga è illegale. Ma ci sono distinguo: è permesso detenere al massimo tre grammi di cannabis da usare, ovviamente, in proprio. E per chi ha il pollice verde c’è anche la possibilità di coltivarsi una piantina in casa. In alcune città però anche qui si vorrebbe inasprire la norma rendendo davvero un pericolo venire sorpresi con fumo in tasca. E incombe il rischio multe. Ma i balconi di Bruxelles, intanto, si colorano di verde
In Germania poi la situazione è ancora più confusa. Il paese, si sa, è uno stato federale. E per conseguenza ogni Land ha proprie norme. A Berlino, capitale fiera della propria apertura e tolleranza, quindici grammi di cannabis per uso personale non si negano a nessuno. Pochi chilometri più in la, nel Brandeburgo, cambiano le regole. E il tetto massimo per schivare guai si riduce a sei. Eppure dice un sondaggio che sei milioni di persone si concedono una sigaretta “arricchita”. E una legge, per la prima volta, ha di recente concesso la coltivazioni per “scopi terapeutici”.
Non va molto meglio in Francia, uno dei paesi europei con il consumo più elevato. Ma dove, tuttavia, la legge è inflessibile: “c’est interdit”. E non esiste differenza tra pesanti e leggere e in teoria si rischia la prigione. Eppure, la prassi rende questa possibilità assai remota tanto che ad un certo punto sono nati anche a Parigi, sparsi qua e la, i primi Cannabis Social Club finalizzati alla produzione e distribuzione tra i soci di sostanze. Tutto bene allora? Per nulla. Perché di recente contro questo tipo di locali è arrivato un drastico giro di vite da parte delle istituzioni. Insomma, il locale culto per la libertè non prevede concessioni alla libertà di sballo.
E nel resto del pianeta? Si trova davvero di tutto. Dal Marocco, meta storica del turismo freak, dove sui monti del Rif da sempre si coltiva la cannabis – e basta scorrere qualche pagine del celebre libro “Il the nel deserto” di Paul Bowles per trovare anche psichedeliche scorpacciate di dolcetti di noci e hashish nei vicoli di Tangeri - all’insospettabile Uruguay, primo paese al mondo ad averla liberalizzata con tanto di registro e terreni dedicati alla coltivazione. Il prezzo poi dovrebbe essere calmierato e ciascuno ha diritto alla sua dose settimanale senza avere guai. Dettaglio non banale: la legge stabilisce anche la concentrazione di principio attivo e le diverse tipologie di marijuana in vendita. Manca solo il sommelier che guidi composte degustazioni.
Quando si parla di marijuana estremamente grande è la confusione sotto il sole. Quindi la situazione è eccellente. Si, perché si scrive cannabis. Ma si legge – per colpa della Legge - in mille modi differenti. E se in alcuni paesi addirittura esiste il turismo della canna in altri, per un fil di fumo, si rischia grosso. Insomma, due amici e una chitarra sono sempre ok. Lo spinello, ogni tanto, è meglio lasciarlo perdere.
Una sola però è la cosa certa: fumano in tanti. Lo dice persino la Unione Europea che ha fatto due conti: stimando che oltre settanta milioni di europei consumino, con una certa regolarità, marijuana o i suoi derivati. E la crisi qui non c’è: il numero è in aumento. Così ogni paese ha provato a regolamentare la febbre del fumo. E quando si pensa alle canne libere il pensiero corre al paese dei tulipani.
In realtà la situazione in Olanda è abbastanza diversa da quello che si pensa. Nei Paesi Bassi infatti le droghe - tutte, senza distinzione - sono proibite così come vietato vendere, produrre e possedere sostanze. E allora i mitici coffee shop di Amsterdam? Sono la dimostrazione che pur essendo proibite i Paesi Bassi hanno scelto la via della tolleranza. In altri termini lo Stato consente l’utilizzo della cannabis con condizioni ben precise. I coffee shop, per esempio, possono vendere solo droghe leggere e non più di 5 grammi al giorno per persona. Non solo: proprio per ridurre il turismo del fumo l’Olanda sta introducendo regole più stringenti per cui anche nei coffee shop si può vendere marijuana solo ai residenti del paese. Sulla applicazione della norma ci sono però ancora alcuni dubbi e se in una località la regola è ferrea altrove si chiude un occhio. La morale però è chiara: canne e buoi dei paesi tuoi.
Simile la posizione nel vicino Belgio: la droga è illegale. Ma ci sono distinguo: è permesso detenere al massimo tre grammi di cannabis da usare, ovviamente, in proprio. E per chi ha il pollice verde c’è anche la possibilità di coltivarsi una piantina in casa. In alcune città però anche qui si vorrebbe inasprire la norma rendendo davvero un pericolo venire sorpresi con fumo in tasca. E incombe il rischio multe. Ma i balconi di Bruxelles, intanto, si colorano di verde
In Germania poi la situazione è ancora più confusa. Il paese, si sa, è uno stato federale. E per conseguenza ogni Land ha proprie norme. A Berlino, capitale fiera della propria apertura e tolleranza, quindici grammi di cannabis per uso personale non si negano a nessuno. Pochi chilometri più in la, nel Brandeburgo, cambiano le regole. E il tetto massimo per schivare guai si riduce a sei. Eppure dice un sondaggio che sei milioni di persone si concedono una sigaretta “arricchita”. E una legge, per la prima volta, ha di recente concesso la coltivazioni per “scopi terapeutici”.
Non va molto meglio in Francia, uno dei paesi europei con il consumo più elevato. Ma dove, tuttavia, la legge è inflessibile: “c’est interdit”. E non esiste differenza tra pesanti e leggere e in teoria si rischia la prigione. Eppure, la prassi rende questa possibilità assai remota tanto che ad un certo punto sono nati anche a Parigi, sparsi qua e la, i primi Cannabis Social Club finalizzati alla produzione e distribuzione tra i soci di sostanze. Tutto bene allora? Per nulla. Perché di recente contro questo tipo di locali è arrivato un drastico giro di vite da parte delle istituzioni. Insomma, il locale culto per la libertè non prevede concessioni alla libertà di sballo.
E nel resto del pianeta? Si trova davvero di tutto. Dal Marocco, meta storica del turismo freak, dove sui monti del Rif da sempre si coltiva la cannabis – e basta scorrere qualche pagine del celebre libro “Il the nel deserto” di Paul Bowles per trovare anche psichedeliche scorpacciate di dolcetti di noci e hashish nei vicoli di Tangeri - all’insospettabile Uruguay, primo paese al mondo ad averla liberalizzata con tanto di registro e terreni dedicati alla coltivazione. Il prezzo poi dovrebbe essere calmierato e ciascuno ha diritto alla sua dose settimanale senza avere guai. Dettaglio non banale: la legge stabilisce anche la concentrazione di principio attivo e le diverse tipologie di marijuana in vendita. Manca solo il sommelier che guidi composte degustazioni.
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E l’altro paradiso della cannabis, anzi della ganja, ovvero la Jamaica? Preparatevi ad una sorpresa. Qui, nella terra di Bob Marley e dei Rasta la cannabis è proibita. Oddio, non proprio che questo divieto sia mai stato fatto rispettare con troppo impegno. D’altra parte i seguaci della religione Rastafari vedono la marijuana come una erba da meditazione: aiuta la preghiera e amplia la coscienza. E la leggenda la vuole legata addirittura alla memoria di Re Salomone. Anche per questo le leggi stanno cambiando e l’originale divieto sta lasciando il posto a maggiore tolleranza. Camminando per Kingston e annusando l’aria si capisce facilmente che forse non c’era così bisogno di un invito alla tolleranza
Molto più curiosa la situazione in un paese come la Cambogia dove certo non ci si scatena al ritmo del reggae. Ma in compenso si fuma come ciminiere. Il paese, secondo le solite stime tutt’altro che ufficiali, è tra i primi produttori al mondo di cannabis. Il risultato si vede. Nel senso che trovare marijuana è assai facile e la sensazione che nessuno se ne curi. Al punto che in molti locali si può ordinare il pollo o la pizza “normale” o “special”. Inutile dire che special prevede l’aggiunta della ganja al posto del condimento. Attenzione però: costa poco ed è assai comune. Ma i ben informati dicono che la polizia stia iniziando a fare qualche retata. Forse è meglio una banale margherita all’origano.
Ci sono paesi poi che sono più celebri per i funghi che per l’erba: tra questi il primo è il Messico. Il paese centramericano però ha deciso di affrontare la cosa con pragmatismo. La droga è proibita e quindi guai a venderla e produrla: ma una altra cosa è detenerla. In pratica è stato depenalizzato l’uso. A patto di rispettare modiche quantità ben definite: per la precisione sei grammi di maria. Se si viene sorpresi scatta l’invito a riflettere e smettere. Una scelta fatta propria anche dall’Argentina che ammette l’uso privato ma lancia la guerra al traffico e allo spaccio internazionale.
Ma le più grandi novità arrivano dall’America del nord, ovvero dagli Stati Uniti. Dove di recente sta crescendo un movimento di depenalizzazione o addirittura di liberalizzazione che ha fatto crescere il turismo dello sballo. Regalando nuova linfa alle economie locali. La riprova? Lo Stato del Colorado avrebbe incassato in un solo anno più di 60 milioni di dollari di tasse da rivenditori di marijuana per uso ricreativo. Gli abitanti ringraziano: quattro milioni sono andati per rifare l’asfalto delle strade di Denver dove i cannabis shop in franchising ormai sono decine.
Luce verde alla marijuana libera anche in Oregon, nel distretto di Columbia – e quindi nella capitale Washington- mentre nel gelido Alaska il consumo è permesso solo per scopo terapeutico. Evidentemente quando fa molto freddo tutto aiuta a scaldarsi. Anche a Washington DC da pochi giorni è consentito per un adulto possedere fino a 56 grammi e di coltivarne un massimo di sei piante. Una porta in faccia allo sballo garantito l’hanno invece sbattuta gli abitanti della Florida e del Maine: in un referendum hanno vinto i “no”. Ma nel complesso ormai l’argine sta per cedere. A fare da apripista la solita estroversa California dove è ammessa solo per scopo terapeutico: devono esserci parecchi deboli di salute visto che i dispensari di marijuana hanno superato per numero i caffè della catena Starbucks. Tanto che ormai entro il 2016 dovrebbe arrivare la legalizzazione.
Tutto intorno a questo, come spesso accade, monta poi il business. Pecunia non olet, i soldi non puzzano, dicevano i latini: oggi talvolta profumano di marijuana. Nasce infatti il turismo dedicato, spuntano le beauty farm dove ci si cura con olii, trattamenti e spa completamente dedicate alla cannabis. Ci sono persino i massaggi a base di olii estratti dalle riconoscibili piantine e come se non bastasse c’è chi ha inventato a San Francisco persino una agenzia immobiliare espressamente dedicata a gli affitti “maria-friendly”.
Stranezze a stelle e strisce? Non si direbbe visto che la stravaganza maggiore arriva dalla Corea del Nord. In questo paese chiuso al mondo è praticamente proibito tutto. Tranne fumare marijuana. Con qualcosa, è evidente, bisogna pure consolarsi.
E l’altro paradiso della cannabis, anzi della ganja, ovvero la Jamaica? Preparatevi ad una sorpresa. Qui, nella terra di Bob Marley e dei Rasta la cannabis è proibita. Oddio, non proprio che questo divieto sia mai stato fatto rispettare con troppo impegno. D’altra parte i seguaci della religione Rastafari vedono la marijuana come una erba da meditazione: aiuta la preghiera e amplia la coscienza. E la leggenda la vuole legata addirittura alla memoria di Re Salomone. Anche per questo le leggi stanno cambiando e l’originale divieto sta lasciando il posto a maggiore tolleranza. Camminando per Kingston e annusando l’aria si capisce facilmente che forse non c’era così bisogno di un invito alla tolleranza
Molto più curiosa la situazione in un paese come la Cambogia dove certo non ci si scatena al ritmo del reggae. Ma in compenso si fuma come ciminiere. Il paese, secondo le solite stime tutt’altro che ufficiali, è tra i primi produttori al mondo di cannabis. Il risultato si vede. Nel senso che trovare marijuana è assai facile e la sensazione che nessuno se ne curi. Al punto che in molti locali si può ordinare il pollo o la pizza “normale” o “special”. Inutile dire che special prevede l’aggiunta della ganja al posto del condimento. Attenzione però: costa poco ed è assai comune. Ma i ben informati dicono che la polizia stia iniziando a fare qualche retata. Forse è meglio una banale margherita all’origano.
Ci sono paesi poi che sono più celebri per i funghi che per l’erba: tra questi il primo è il Messico. Il paese centramericano però ha deciso di affrontare la cosa con pragmatismo. La droga è proibita e quindi guai a venderla e produrla: ma una altra cosa è detenerla. In pratica è stato depenalizzato l’uso. A patto di rispettare modiche quantità ben definite: per la precisione sei grammi di maria. Se si viene sorpresi scatta l’invito a riflettere e smettere. Una scelta fatta propria anche dall’Argentina che ammette l’uso privato ma lancia la guerra al traffico e allo spaccio internazionale.
Ma le più grandi novità arrivano dall’America del nord, ovvero dagli Stati Uniti. Dove di recente sta crescendo un movimento di depenalizzazione o addirittura di liberalizzazione che ha fatto crescere il turismo dello sballo. Regalando nuova linfa alle economie locali. La riprova? Lo Stato del Colorado avrebbe incassato in un solo anno più di 60 milioni di dollari di tasse da rivenditori di marijuana per uso ricreativo. Gli abitanti ringraziano: quattro milioni sono andati per rifare l’asfalto delle strade di Denver dove i cannabis shop in franchising ormai sono decine.
Luce verde alla marijuana libera anche in Oregon, nel distretto di Columbia – e quindi nella capitale Washington- mentre nel gelido Alaska il consumo è permesso solo per scopo terapeutico. Evidentemente quando fa molto freddo tutto aiuta a scaldarsi. Anche a Washington DC da pochi giorni è consentito per un adulto possedere fino a 56 grammi e di coltivarne un massimo di sei piante. Una porta in faccia allo sballo garantito l’hanno invece sbattuta gli abitanti della Florida e del Maine: in un referendum hanno vinto i “no”. Ma nel complesso ormai l’argine sta per cedere. A fare da apripista la solita estroversa California dove è ammessa solo per scopo terapeutico: devono esserci parecchi deboli di salute visto che i dispensari di marijuana hanno superato per numero i caffè della catena Starbucks. Tanto che ormai entro il 2016 dovrebbe arrivare la legalizzazione.
Tutto intorno a questo, come spesso accade, monta poi il business. Pecunia non olet, i soldi non puzzano, dicevano i latini: oggi talvolta profumano di marijuana. Nasce infatti il turismo dedicato, spuntano le beauty farm dove ci si cura con olii, trattamenti e spa completamente dedicate alla cannabis. Ci sono persino i massaggi a base di olii estratti dalle riconoscibili piantine e come se non bastasse c’è chi ha inventato a San Francisco persino una agenzia immobiliare espressamente dedicata a gli affitti “maria-friendly”.
Stranezze a stelle e strisce? Non si direbbe visto che la stravaganza maggiore arriva dalla Corea del Nord. In questo paese chiuso al mondo è praticamente proibito tutto. Tranne fumare marijuana. Con qualcosa, è evidente, bisogna pure consolarsi.
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