Nei luoghi dei Promessi sposi di Manzoni, tour in Lombardia
Chi non ha trascorso almeno un pomeriggio immaginando "quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno", eletto a scenografia di una delle storie d'amore più note e drammatiche, seppur a lieto fine? Parliamo ovviamente di Renzo e Lucia e del libro - I promessi sposi - che ne ha consacrato i destini a icone della nostra produzione letteraria nazionale grazie alla penna di Alessandro Manzoni. È attraverso quei luoghi intrisi dell'immaginario legato al destino dei due amanti che si sviluppa il nostro percorso fra i fiumi, i monti, i laghi, i paesi e le città che in Lombardia hanno fatto da palcoscenico alla storia.
Il tutto parte da Lecco. Si, proprio su quel ramo del lago di Como in cui Manzoni visse alcuni anni e dal quale fu ispirato.
Villa Manzoni, residenza del padre dello scrittore, situata nel quartiere del Caleotto (via Guanella n°1), è divenuta sede del Museo Civico Manzoniano e della Pinacoteca Comunale. La villa restò di proprietà della famiglia fino al 1818. Il padre dello scrittore, morto nel 1807, riposa nella cappella dell'Assunta. I proprietari successivi non hanno mai dimenticato di preservare i ricordi e le testimonianze della famiglia Manzoni al punto da conservare la culla di Alessandro al quale è dedicato anche il monumento realizzato dallo scultore milanese Francesco Confalonieri. Ovviamente la statua è rivolta verso il lago tanto amato mentre il basamento, decorato da tre bassorilievi, riassume i momenti salienti della storia dei Promessi Sposi, il rapimento di Lucia, la morte di Don Rodrigo e il matrimonio.
Lecco custodisce anche altri imperdibili luoghi come il tabernacolo dei Bravi: gli sgherri di Don Rodrigo, proprio accanto a quella piccola cappella, in via Tonio e Gervase, fermarono Don Abbondio, incaricato di sposare Renzo e Lucia, per intimargli di desistere dall'intento viste le intenzioni del loro signore verso la bella Lucia. Ed è proprio lì che i Bravi pronunciarono quella famosa frase che sembra ancora riecheggiare nell'aria "Questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai".
Lucia abitava non molto lontano, insieme alla madre Agnese che amava definirsi "donna di mondo". È da tanta esperienza che poi attingerà per spronare la figlia a fuggire. Ma questo lo si vedrà più avanti.
Dicevamo la casa di Lucia. Bene, le ipotesi che la riguardano sono due, perchè a contendersi la paternità di Lucia sono le frazioni di Olate, all'epoca dei fatti separata da Lecco, che non aveva ancora raggiunto l'estensione attuale, e la frazione di Acquate. Se avete tempo potreste visitare entrambe. La casa di Olate, identificato da più pareri come il luogo in cui vissero Renzo e Lucia, vi accoglierà al civico 19 di via Caldone.
Quella di Acquate, in via Resegone, potrà offrirvi, oltre a un buon pranzo (nei pressi di quell'indirizzo si trova ora l'Antica Osteria Casa di Lucia), anche una bella vista sulla collina in cui si ergeva il palazzo di Don Rodrigo.
Sempre a Olate si trovano altri due luoghi fondamentali per la vicenda dei noti Promessi. Si tratta della chiesa dei Santi Vitale e Valeria, che si affaccia sull'omonima piazza e da cui Manzoni trasse ispirazione per attribuirla a luogo di preghiera e redenzione di Don Abbondio, colui che avrebbe dovuto unire in matrimonio, proprio in quella cappella, Renzo e Lucia.
L'origine della chiesa risale al Quattrocento, periodo nel quale ne venne avviata la costruzione anche se la sua forma attuale è frutto di successivi interventi, i più importanti dei quali datati 1765 per le modifiche apportate alla navata, e 1934, anno del ripristino della facciata.
A qualche decina di metri dalla piazza, su quello che viene definito Zucco di Olate, una collina stretta dalla casa di Lucia da un lato e dal corso del torrente Caldone dall'altro, si trova quella che il Manzoni riconobbe come sede del palazzo di Don Rodrigo, ossessionato dalla bellezza di Lucia.
In quel luogo, nel 1608 si trovava una villa con una torre merlata, probabilmente la villa-castello di Luera, appartenuta a nobili famiglie, dagli Arrigoni agli spagnoli Salazar, per poi essere scelta dai patrioti risorgimentali come il luogo più adatto alle loro riunioni. Un cortiletto interno separava i due corpi della casa, mentre a occidente si alzava una torre con grandi finestre a bifora. Purtroppo ora di quella villa-castello non resta più nulla. Infatti venne distrutta nel 1937 quando il proprietario dell'epoca, Ulisse Guzzi, figlio del creatore delle omonime motociclette, decise di demolirla e ricostruire una nuova abitazione che del passato ha conservato soltanto l'idea. Ora la villa è di proprietà pubblica.
Villa Manzoni
Il tutto parte da Lecco. Si, proprio su quel ramo del lago di Como in cui Manzoni visse alcuni anni e dal quale fu ispirato.
Villa Manzoni, residenza del padre dello scrittore, situata nel quartiere del Caleotto (via Guanella n°1), è divenuta sede del Museo Civico Manzoniano e della Pinacoteca Comunale. La villa restò di proprietà della famiglia fino al 1818. Il padre dello scrittore, morto nel 1807, riposa nella cappella dell'Assunta. I proprietari successivi non hanno mai dimenticato di preservare i ricordi e le testimonianze della famiglia Manzoni al punto da conservare la culla di Alessandro al quale è dedicato anche il monumento realizzato dallo scultore milanese Francesco Confalonieri. Ovviamente la statua è rivolta verso il lago tanto amato mentre il basamento, decorato da tre bassorilievi, riassume i momenti salienti della storia dei Promessi Sposi, il rapimento di Lucia, la morte di Don Rodrigo e il matrimonio.
Il tabernacolo dei Bravi
Lecco custodisce anche altri imperdibili luoghi come il tabernacolo dei Bravi: gli sgherri di Don Rodrigo, proprio accanto a quella piccola cappella, in via Tonio e Gervase, fermarono Don Abbondio, incaricato di sposare Renzo e Lucia, per intimargli di desistere dall'intento viste le intenzioni del loro signore verso la bella Lucia. Ed è proprio lì che i Bravi pronunciarono quella famosa frase che sembra ancora riecheggiare nell'aria "Questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai".
Le case di Lucia
Lucia abitava non molto lontano, insieme alla madre Agnese che amava definirsi "donna di mondo". È da tanta esperienza che poi attingerà per spronare la figlia a fuggire. Ma questo lo si vedrà più avanti.
Dicevamo la casa di Lucia. Bene, le ipotesi che la riguardano sono due, perchè a contendersi la paternità di Lucia sono le frazioni di Olate, all'epoca dei fatti separata da Lecco, che non aveva ancora raggiunto l'estensione attuale, e la frazione di Acquate. Se avete tempo potreste visitare entrambe. La casa di Olate, identificato da più pareri come il luogo in cui vissero Renzo e Lucia, vi accoglierà al civico 19 di via Caldone.
Quella di Acquate, in via Resegone, potrà offrirvi, oltre a un buon pranzo (nei pressi di quell'indirizzo si trova ora l'Antica Osteria Casa di Lucia), anche una bella vista sulla collina in cui si ergeva il palazzo di Don Rodrigo.
Sempre a Olate si trovano altri due luoghi fondamentali per la vicenda dei noti Promessi. Si tratta della chiesa dei Santi Vitale e Valeria, che si affaccia sull'omonima piazza e da cui Manzoni trasse ispirazione per attribuirla a luogo di preghiera e redenzione di Don Abbondio, colui che avrebbe dovuto unire in matrimonio, proprio in quella cappella, Renzo e Lucia.
L'origine della chiesa risale al Quattrocento, periodo nel quale ne venne avviata la costruzione anche se la sua forma attuale è frutto di successivi interventi, i più importanti dei quali datati 1765 per le modifiche apportate alla navata, e 1934, anno del ripristino della facciata.
Il palazzo di Don Rodrigo
A qualche decina di metri dalla piazza, su quello che viene definito Zucco di Olate, una collina stretta dalla casa di Lucia da un lato e dal corso del torrente Caldone dall'altro, si trova quella che il Manzoni riconobbe come sede del palazzo di Don Rodrigo, ossessionato dalla bellezza di Lucia.
In quel luogo, nel 1608 si trovava una villa con una torre merlata, probabilmente la villa-castello di Luera, appartenuta a nobili famiglie, dagli Arrigoni agli spagnoli Salazar, per poi essere scelta dai patrioti risorgimentali come il luogo più adatto alle loro riunioni. Un cortiletto interno separava i due corpi della casa, mentre a occidente si alzava una torre con grandi finestre a bifora. Purtroppo ora di quella villa-castello non resta più nulla. Infatti venne distrutta nel 1937 quando il proprietario dell'epoca, Ulisse Guzzi, figlio del creatore delle omonime motociclette, decise di demolirla e ricostruire una nuova abitazione che del passato ha conservato soltanto l'idea. Ora la villa è di proprietà pubblica.
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Avevamo accennato ad una fuga...ed eccola qua. Complice di Renzo e Lucia è un frate, Cristoforo, che decide di offrire una chance ai promessi sposi agevolando la loro fuga verso lidi più sicuri.
Il convento di Fra Cristoforo si trova a Pescarenico, antico borgo di pescatori sulla riva sinistra dell'Adda. Lì, in piazza Padre Cristoforo, sorge la chiesa dei Santi Lucia e Materno, oltre ai resti di un antico convento.
In quelle celle Manzoni ha permesso il riposo a Renzo, Lucia e la madre di lei, Agnese, nel capitolo che anticipa una delle pagine più malinconiche ma anche più profonde del libro, il famoso "Addio monti" in cui la promessa sposa esprime tutto il suo amore per i luoghi che l'hanno vista nascere e crescere. "Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo", recita Lucia mentre abbandona in barca Pescarenico, con le strette vie e le case addossate le une alle altre. Di quella vista oggi resta poco: i cambiamenti che hanno interessato la riva hanno reso il panorama decisamente meno poetico, occupato da palazzi e condomini.
Dove mai avrebbe potuto vivere l'Innominato? Ovviamente in un maniero fuori mano. Ed ecco che Manzoni sceglie come sua dimora la fortezza che si trova nella Valle di Somasca, su un'altura naturale, la Rocca di Chiuso (foto di copertina), conosciuta anche con il nome di Tremasasso, per i banditi che vi si annidavano nel Seicento e i continui dissapori fra gli stati confinanti.
Ora, di quell'antico splendore, restano i ruderi, il muro perimetrale, alcune torri e qualche traccia dei bastioni difensivi. Nel XVI secolo era un castello di proprietà dei Visconti. Le sue origini, però, pare siano precedenti, perse negli anni dell'epoca carolingia. Quello che le diede il colpo di grazia fu lo scempio operato dai francesi nel 1509.
Oggi nel sito è possibile visitare la cappella dedicata a San Girolamo, costruita nel 1902 nel luogo in cui sorgeva il torrione centrale. A poca distanza dalla rocca dell'Innominato si trova la Casa del Sarto, dove il proprietario e la moglie diedero asilo a Lucia e Agnese durante la loro liberazione effettuata dall'Innominato. La casa si trova nel rione di Chiuso.
Infine passiamo a un altro dei luoghi più cari e citati all'interno del romanzo, legato al personaggio in assoluto più dibattuto e controverso, la famosa Monaca di Monza, inserito nella schiera dei personaggi storici citati da Manzoni.
Il convento nel quale la monaca Gertrude era stata rinchiusa si trova accanto alla chiesa di San Maurizio. La costruzione attuale è moderna, realizzata nel luogo in cui un tempo sorgeva l'antico monastero di Santa Margherita voluto dagli Umiliati nel XIII secolo, poi soppresso e di nuovo resuscitato nel 1881 quando la proprietà viene attribuita al Duomo di Monza. Al suo interno si possono ammirare l'organo in mantice del XVIII scolo e alcuni affreschi del vecchio convento di Santa Margherita.
Il convento di Fra Cristoforo
Avevamo accennato ad una fuga...ed eccola qua. Complice di Renzo e Lucia è un frate, Cristoforo, che decide di offrire una chance ai promessi sposi agevolando la loro fuga verso lidi più sicuri.
Il convento di Fra Cristoforo si trova a Pescarenico, antico borgo di pescatori sulla riva sinistra dell'Adda. Lì, in piazza Padre Cristoforo, sorge la chiesa dei Santi Lucia e Materno, oltre ai resti di un antico convento.
In quelle celle Manzoni ha permesso il riposo a Renzo, Lucia e la madre di lei, Agnese, nel capitolo che anticipa una delle pagine più malinconiche ma anche più profonde del libro, il famoso "Addio monti" in cui la promessa sposa esprime tutto il suo amore per i luoghi che l'hanno vista nascere e crescere. "Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo", recita Lucia mentre abbandona in barca Pescarenico, con le strette vie e le case addossate le une alle altre. Di quella vista oggi resta poco: i cambiamenti che hanno interessato la riva hanno reso il panorama decisamente meno poetico, occupato da palazzi e condomini.
Il castello dell'Innominato
A un certo punto, nella storia irrompe un altro importante personaggio, inizialmente alleato di Don Rodrigo. Si tratta dell'Innominato, un temibile signore il cui nome non promette nulla di buono anche se, nel proseguire della storia, avrà modo di riscattarsi.Dove mai avrebbe potuto vivere l'Innominato? Ovviamente in un maniero fuori mano. Ed ecco che Manzoni sceglie come sua dimora la fortezza che si trova nella Valle di Somasca, su un'altura naturale, la Rocca di Chiuso (foto di copertina), conosciuta anche con il nome di Tremasasso, per i banditi che vi si annidavano nel Seicento e i continui dissapori fra gli stati confinanti.
Ora, di quell'antico splendore, restano i ruderi, il muro perimetrale, alcune torri e qualche traccia dei bastioni difensivi. Nel XVI secolo era un castello di proprietà dei Visconti. Le sue origini, però, pare siano precedenti, perse negli anni dell'epoca carolingia. Quello che le diede il colpo di grazia fu lo scempio operato dai francesi nel 1509.
Oggi nel sito è possibile visitare la cappella dedicata a San Girolamo, costruita nel 1902 nel luogo in cui sorgeva il torrione centrale. A poca distanza dalla rocca dell'Innominato si trova la Casa del Sarto, dove il proprietario e la moglie diedero asilo a Lucia e Agnese durante la loro liberazione effettuata dall'Innominato. La casa si trova nel rione di Chiuso.
Il monastero della Monaca di Monza
Infine passiamo a un altro dei luoghi più cari e citati all'interno del romanzo, legato al personaggio in assoluto più dibattuto e controverso, la famosa Monaca di Monza, inserito nella schiera dei personaggi storici citati da Manzoni.
Il convento nel quale la monaca Gertrude era stata rinchiusa si trova accanto alla chiesa di San Maurizio. La costruzione attuale è moderna, realizzata nel luogo in cui un tempo sorgeva l'antico monastero di Santa Margherita voluto dagli Umiliati nel XIII secolo, poi soppresso e di nuovo resuscitato nel 1881 quando la proprietà viene attribuita al Duomo di Monza. Al suo interno si possono ammirare l'organo in mantice del XVIII scolo e alcuni affreschi del vecchio convento di Santa Margherita.
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