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Tour in Mongolia: viaggio tra deserti e remoti paesaggi incantati

La Mongolia, definita la terra del cielo blu per la spettacolare luce che tutto vivifica ben apprezzata dai fotografi, con i suoi spazi infiniti, la natura incombente rispetto alla discreta presenza umana, i cavalieri nomadi e le carovane dei pelosi cammelli a due gobbe, i retaggi legati all’orda di Gengis Khan – il suo figlio più famoso -, occupa un posto di primo piano nell’immaginario di parecchi viaggiatori, anche perché le sue frontiere sono state riaperte soltanto di recente.

Eppure, occorre precisarlo, si tratta di una destinazione non adatta per tutti, ma solo per grandi viaggiatori capaci di apprezzarne le particolari prerogative e disposti a pagare lo scotto di enormi distanze prive di strade, di una cucina monotona e di dormire nelle gher, le capienti tende circolari di feltro dei nomadi., con tanto di mobili e stufa. Gli infiniti spazi verdi rischiano infatti di apparire monotoni ai turisti, e privi di attrattive.

In realtà questo paese, grande cinque volte l’Italia e ad un’altezza media di 1.600 m, risulta piuttosto vario, formato com’è per un terzo dal deserto del Gobi con le sue ondulate dune, da sterminate steppe desertiche, taiga e praterie ricoperte da pascoli incredibilmente fioriti e ricchi di odorose piante officinali, da montagne vulcaniche alte oltre 4.000 m con ghiacciai e deserti d’alta quota ricoperte da foreste di larici, pini e betulle, da un numero rilevante di fiumi, laghi, vulcani inattivi e sorgenti termali.

Metà della popolazione sono allevatori nomadi e seminomadi di pecore, capre, cavalli, yak e irsuti cammelli, e vivono nelle mobili gher la loro esistenza solitaria con la più bassa densità del pianeta (1,4 abitanti per kmq), nei rigori di un clima capace di passare dai + 40° C estivi ai – 30 invernali, quando il verde si trasmuta in una immensa coltre bianca di ghiaccio. Il cavallo, e il cammello nel deserto, sono i simboli millenari del paese, e rappresentano ancora il principale mezzo di locomozione. Quei cavalli di piccola taglia che i mongoli imparano a cavalcare ancor prima di camminare e che proprio queste praterie diedero i progenitori a tutti i cavalli del pianeta.

Una terra remota e molto antica, come attestano i consistenti giacimenti di resti fossili di dinosauri, compresi i nidi con le loro uova mai schiuse, considerati i più ricchi del mondo. Girando per queste contrade stupisce il fatto che un simile contesto ambientale nel 1200 riuscì a dare vita ad uno dei maggiori imperi dell’Eurasia. Il merito fu tutto di Gengis Khan, uno dei più geniali condottieri e politici di tutta la storia, capace di trasformare dei pastori individualisti in una invincibile armata, in grado di conquistare in pochi decenni un territorio che si estendeva dalla Cina settentrionale al mar Nero, dalla Corea alla Polonia, dall’Indocina fino alla Persia e alla Crimea. E per un secolo la Mongolia costituì l’epicentro del mondo, un crogiuolo di razze, culture e religioni diverse, meta e luogo di transito obbligato per commerci e conoscenze.

Se escludiamo gli abitanti dell’unica vera città, la capitale Ulaan Baatar, il resto dei mongoli trascorrono da sempre la vita in assoluta solitudine, mangiando ciò che producono. Ma una volta all’anno, da almeno tremila anni, il loro isolamento cessa in estate per tre giorni, dall’11 al 13 luglio, in occasione della festa nazionale del Nadaam, la festa per antonomasia, dove tutti convergono con animali e gher sulla capitale per assistere alla più antica olimpiade della storia, la festa che celebra contemporaneamente l’indipendenza, la peculiare etnia mongola e le gesta del suo figlio più famoso, di cui tutti sono orgogliosi di dichiararsi discendenti, ma anche occasione di visite a parenti ed amici, di fidanzamenti e di matrimoni, oltre che di mercato. Tra canti, balli, sfilate, musica, mangiate e bevute si svolgono infatti le gare dei tre sport nazionali mongoli: la lotta libera tradizionale, appannaggio di veri giganti, il tiro con l’arco maschile e femminile, arte dove sono imbattibili, e infine la maratona ippica, una sfrenata corsa di 15-30 km con centinaia di giovani puledri montati a pelo da bambini di 5-13 anni.

L’operatore urbinate “Apatam Viaggi” (tel. 0722 32 94 88, www.apatam.it), specializzato dal 1980 in turismo culturale con accompagnamento qualificato in tutto il mondo, propone in Mongolia un tour di 14 giorni in occasione del Nadaam, che consente di scoprire gli aspetti più singolari di questa straordinaria nazione. Dopo tre giorni dedicati alla festa ed alla visita dei principali monumenti della capitale, si parte per il parco nazionale Tereli, un piacevole ambiente alpino con fiori, piante aromatiche e rocce erose, dove si trova una statua equestre di Gengis Khan alta 50 m.

Si punta quindi a sud verso il Gobi centrale, secondo deserto per estensione al mondo che oltre alla Mongolia occupa anche parte della Cina settentrionale, le cui dune celano una fauna peculiare fatta da asino selvatico, antilope saiga, orso, cammelli bactiani, gazzelle, gru e rapaci; si visiteranno la spettacolare gola di Yol, un canyon ghiacciato per gran parte dell’anno dove avvistare stambecchi, argali e aquile, le dune di Khongorin, le maggiori del Gobi alte 300 m e chiamate “le dune cantanti”, le rocce rosse di Bayanzag dove si trova il maggior giacimento al mondo di scheletri e di uova di dinosauri vecchi di oltre 80 milioni di anni e il settecentesco monastero buddista di Onghiin Khid.

Si raggiunge la valle di Orkhon, tra verdi praterie e nere rocce vulcaniche, oggi riserva storica e naturale nonché sito Unesco in quanto patria dell’evoluzione delle tradizioni nomadi pastorali dei Mongoli, vecchie di tremila anni, e da li Karakorum, la capitale dell’immane impero di Gengis Khan prima che il figlio la trasferisse a Pechino, e il monumentale monastero buddista dell’Erdene Zuu, diversi templi che in passato hanno ospitato fino a diecimila monaci, racchiusi entro mura intatte punteggiate da 108 stupa. Si conclude infine il percorso con la visita del parco nazionale di Hustain Nuruu, dove vivono ancora selvaggi i cavalli preistorici predecessori di tutte le razze attuali.

Unica partenza di gruppo con volo di linea da Milano e Roma via Mosca il 9 luglio 2016, pernottamenti in hotel 4 stelle e in campi attrezzati di gher (i migliori esistenti) con pensione completa, accompagnatore dall’Italia, quota da 3.990 euro in doppia tutto compreso.
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