La Mostra e le opere di Sandy Skoglund a Torino
Attenzione, evento concluso!
Se verrà riproposto aggiorneremo le date!
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“Sandy Skoglund. Visioni ibride” è, prima ancora che un’esposizione artistica, un regalo confezionato a quattro mani dall’autrice e dalla sede che ne ospita la cristallizzazione del suo genio visivo: Sandy Skoglund e Camera – Centro Italiano per la Fotografia offrono a Torino e ai turisti dell’ex capitale italiana una straordinaria opportunità, quella cioè di trovarsi a stretto contatto sensoriale con un allestimento che costituisce il portale di accesso a una dimensione sospesa, una cornice in equilibrio dentro e fuori altre cornici contenenti immagini – c’è da crederci – mai viste prima.
Per la fotografa statunitense, classe 1946, si tratta della prima mostra antologica della sua carriera, affidata alle cure in galleria di Germano Celant e resa pubblica dal 24 gennaio al 31 marzo 2019, un periodo di due mesi durante il quale si accumuleranno riflessioni, excursus, parallelismi, confronti e animati dibattiti scaturiti dal (dis)ordine dei quadri (“L’idea di ordine e disordine è il cuore del mio lavoro. Mi piace lavorare meticolosamente per creare qualcosa che appaia caotico” – ipse dixit) disposti lungo gli ariosi ma anche un po’ misteriosi spazi di Camera. Cosa aspettarsi allora una volta entrati nel decumano che conduce alle illuminate installazioni?
“Sandy Skoglund. Visioni ibride” denuda con semplicità e porosa eleganza un’anima che esonda dagli argini della pura formalità creando una realtà alternativa tramite la realtà stessa ma convertendola in immaginario aumentato, assolutamente non virtuale ma rielaborato e corroborante. L’esposizione si rivela sintesi e raccolta – da qui il valore antologico – di una molteplicità di lavori tessuta a partire dagli anni Settanta e preparatoria al masterpiece "Winter", una delle visioni ibride avvalsasi di ben dieci lunghi anni di intensa sperimentazione avallata dal sostegno di sculture appositamente create per infondere vigore a quella che oggi una straordinaria anteprima mondiale in cui ricerca e linguaggio si fondono in opere altamente evocative poiché trasfigurate per mezzo del potere compositivo policromatico.
Intraprendere un percorso di questo genere - fatto di sagome scolpite e immagini prodotte da un obiettivo solo apparentemente delirante ma invero ispirato dal felice connubio fra ragione e fantasiosa follia (o folle fantasia, chissà) – significa entrare nell’articolato labirinto degli interni domestici eviscerati di qualunque vacuità e arricchiti dalle catarsi compiute dalla Skoglund utilizzando elementi materiali e concretismi in bilico fra il comico e l’inquietante, l’onirico e il familiare, sempre ottemperanti alla logica del colore e dell’innocua distorsione delle forme. Surrealismo e straniamento si notano in opere come “Radioactive cats” (1980) e “Revenge of the goldfish” (1981), prospettive invase da gatti verdi e pesci volanti, creature animali rappresentanti la coscienza alternativa all’hype umano.
Installazione, scultura e fotografia coesistono in ambienti resi set da riempire e stravolgere per partorire una proiezione sì diversa ma in qualche modo non poi così distante da una certa forma mentis evoluta extramoenia, oltre quei confini di invisibile coercizione. L’artista americana imprime il suo particolarissimo e originale point of view in cento scatti speciali, ove appaiono volpi rosse ("Fox Games"), cani viola ("The green house") e figure umane danzanti entro una pazza coreografia nella quale le fiumane inondanti fanno da padrone a scene esagerate, “Raining Popcorn” (2001) e “Fresh Hybrid” (2008).
Il rapporto fra l’essere umano e la natura si esprime pienamente in Winter (2018), laddove “il tempo si ferma e allo stesso tempo avanza lentamente.” In tale contesto conosciamo la dedizione incondizionata di un’artista che, a 73 anni, ha colto nella tecnica digitale un’opportunità scacciando le oggettive asperità di una tecnologia frenetica e assai veloce. È in questo modo che miss Skoglund ha plasmato i suoi fiocchi di neve, immagini stampate digitalmente nel metallo, con inchiostro ultravioletto, accantonando non senza sudore e frustrazione prototipi d’argilla e forme in ceramica. Perseveranza e persistenza hanno ibridato una concezione dell’oggetto che rischiava altrimenti di rimanere fossilizzata nel luogo comune e nell’immutabilità.
Per la fotografa statunitense, classe 1946, si tratta della prima mostra antologica della sua carriera, affidata alle cure in galleria di Germano Celant e resa pubblica dal 24 gennaio al 31 marzo 2019, un periodo di due mesi durante il quale si accumuleranno riflessioni, excursus, parallelismi, confronti e animati dibattiti scaturiti dal (dis)ordine dei quadri (“L’idea di ordine e disordine è il cuore del mio lavoro. Mi piace lavorare meticolosamente per creare qualcosa che appaia caotico” – ipse dixit) disposti lungo gli ariosi ma anche un po’ misteriosi spazi di Camera. Cosa aspettarsi allora una volta entrati nel decumano che conduce alle illuminate installazioni?
“Sandy Skoglund. Visioni ibride” denuda con semplicità e porosa eleganza un’anima che esonda dagli argini della pura formalità creando una realtà alternativa tramite la realtà stessa ma convertendola in immaginario aumentato, assolutamente non virtuale ma rielaborato e corroborante. L’esposizione si rivela sintesi e raccolta – da qui il valore antologico – di una molteplicità di lavori tessuta a partire dagli anni Settanta e preparatoria al masterpiece "Winter", una delle visioni ibride avvalsasi di ben dieci lunghi anni di intensa sperimentazione avallata dal sostegno di sculture appositamente create per infondere vigore a quella che oggi una straordinaria anteprima mondiale in cui ricerca e linguaggio si fondono in opere altamente evocative poiché trasfigurate per mezzo del potere compositivo policromatico.
Intraprendere un percorso di questo genere - fatto di sagome scolpite e immagini prodotte da un obiettivo solo apparentemente delirante ma invero ispirato dal felice connubio fra ragione e fantasiosa follia (o folle fantasia, chissà) – significa entrare nell’articolato labirinto degli interni domestici eviscerati di qualunque vacuità e arricchiti dalle catarsi compiute dalla Skoglund utilizzando elementi materiali e concretismi in bilico fra il comico e l’inquietante, l’onirico e il familiare, sempre ottemperanti alla logica del colore e dell’innocua distorsione delle forme. Surrealismo e straniamento si notano in opere come “Radioactive cats” (1980) e “Revenge of the goldfish” (1981), prospettive invase da gatti verdi e pesci volanti, creature animali rappresentanti la coscienza alternativa all’hype umano.
Installazione, scultura e fotografia coesistono in ambienti resi set da riempire e stravolgere per partorire una proiezione sì diversa ma in qualche modo non poi così distante da una certa forma mentis evoluta extramoenia, oltre quei confini di invisibile coercizione. L’artista americana imprime il suo particolarissimo e originale point of view in cento scatti speciali, ove appaiono volpi rosse ("Fox Games"), cani viola ("The green house") e figure umane danzanti entro una pazza coreografia nella quale le fiumane inondanti fanno da padrone a scene esagerate, “Raining Popcorn” (2001) e “Fresh Hybrid” (2008).
Il rapporto fra l’essere umano e la natura si esprime pienamente in Winter (2018), laddove “il tempo si ferma e allo stesso tempo avanza lentamente.” In tale contesto conosciamo la dedizione incondizionata di un’artista che, a 73 anni, ha colto nella tecnica digitale un’opportunità scacciando le oggettive asperità di una tecnologia frenetica e assai veloce. È in questo modo che miss Skoglund ha plasmato i suoi fiocchi di neve, immagini stampate digitalmente nel metallo, con inchiostro ultravioletto, accantonando non senza sudore e frustrazione prototipi d’argilla e forme in ceramica. Perseveranza e persistenza hanno ibridato una concezione dell’oggetto che rischiava altrimenti di rimanere fossilizzata nel luogo comune e nell’immutabilità.
... Pagina 2/2 ... Nella conferenza stampa di presentazione, il Presidente di Camera Emanuele Chieli ha sottolineato l’importanza delle gallerie, degli spazi pensati per l’arte e degli addetti ai lavori che vi gravitano, un’importanza talvolta sottovalutata ma ancora oggi essenziale. Il direttore Walter Guadagnini esalta la mostra della Skoglund definendola “un modo nuovo di approccio alla fotografia che si traduce in un insistente giocare con la realtà inventandone un’altra”. Si colgono note di passione quando il suo discorso verte su “mondi complessi espressi tramite la fotografia, una fotografia capace di coagulare ogni singolo aspetto di un immaginario interiore esteriorizzato.”
Il curatore Germano Celant parla dell’esposizione come di un “contributo a una fotografia dinamica, allestimento che illustra un universo bio-artistico tramite il racconto di un percorso storico in seno a un processo realizzativo.” – concludendo con l’affermazione secondo cui “la mostra è un prodotto autonomo dotato di un proprio linguaggio figurativo estremamente personale, funzionale all’osmosi fra dimensioni diverse.”
Sandy Skoglund, che non fa segreto del suo considerarsi una creatrice di immagini più che una fotografa o una scultrice, rivela che “quando creo, ciò che spesso mi mette in moto ha origine da una sensazione, sicché inizio a perseguire l’obiettivo di svelare la parte più misteriosa della realtà attraversando preliminarmente un generale smarrimento e un cruciale interrogativo: come fare?”
Conclude la conferenza stampa con un sincero “Grazie mille!”, ma è un grazie che ci sentiamo di rivolgere a lei, tornando “a riveder le stelle” (reminiscenza dantesca), anzi i suoi magnifici fiocchi di neve.
Dove: Camera – Centro Italiano per la Fotografia, Via delle Rosine 18 – Torino.
Date: dal 24 gennaio al 31 marzo 2019.
Orari: lunedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle ore 11.00 alle ore 19.00, giovedì dalle ore 11.00 alle ore 21.00, chiuso il martedì.
Biglietto: intero € 10.00, ridotto (under 26, over 70 e abbonati musei) € 6.00.
Tipologia: mostra fotografica.
Maggiori informazioni: consultare il sito ufficiale o inviare una e-mail all’indirizzo camera@camera.to.
Come arrivare
Dalla stazione ferroviaria di Porta Susa, Camera si raggiunge con gli autobus di linea urbana n. 13 e n. 56, direzione Piazza Castello, fermata in Via Po all’altezza di Via Sant’Ottavio, zona Università: scesi dall’autobus, attraversare a destra e procedere lungo Via delle Rosine percorrendola fino in fondo.
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Il curatore Germano Celant parla dell’esposizione come di un “contributo a una fotografia dinamica, allestimento che illustra un universo bio-artistico tramite il racconto di un percorso storico in seno a un processo realizzativo.” – concludendo con l’affermazione secondo cui “la mostra è un prodotto autonomo dotato di un proprio linguaggio figurativo estremamente personale, funzionale all’osmosi fra dimensioni diverse.”
Sandy Skoglund, che non fa segreto del suo considerarsi una creatrice di immagini più che una fotografa o una scultrice, rivela che “quando creo, ciò che spesso mi mette in moto ha origine da una sensazione, sicché inizio a perseguire l’obiettivo di svelare la parte più misteriosa della realtà attraversando preliminarmente un generale smarrimento e un cruciale interrogativo: come fare?”
Conclude la conferenza stampa con un sincero “Grazie mille!”, ma è un grazie che ci sentiamo di rivolgere a lei, tornando “a riveder le stelle” (reminiscenza dantesca), anzi i suoi magnifici fiocchi di neve.
Informazioni utili, date, orari e biglietti della mostra
Nome: Sandy Skoglund. Visioni ibrideDove: Camera – Centro Italiano per la Fotografia, Via delle Rosine 18 – Torino.
Date: dal 24 gennaio al 31 marzo 2019.
Orari: lunedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle ore 11.00 alle ore 19.00, giovedì dalle ore 11.00 alle ore 21.00, chiuso il martedì.
Biglietto: intero € 10.00, ridotto (under 26, over 70 e abbonati musei) € 6.00.
Tipologia: mostra fotografica.
Maggiori informazioni: consultare il sito ufficiale o inviare una e-mail all’indirizzo camera@camera.to.
Come arrivare
Dalla stazione ferroviaria di Porta Susa, Camera si raggiunge con gli autobus di linea urbana n. 13 e n. 56, direzione Piazza Castello, fermata in Via Po all’altezza di Via Sant’Ottavio, zona Università: scesi dall’autobus, attraversare a destra e procedere lungo Via delle Rosine percorrendola fino in fondo.
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Calendario delle aperture
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