Arrivo in Mongolia: la frontiera e le prime esperienze dei Monti Altai
Prosegue l'avventura di Highway To Khan lungo le strade del Mongol Rally. Oggi pubblichiamo una divertente avventura al confine tra Russia e Mongolia, tra le cime dei Monti Altai.
Siamo in coda, in tutto una quindicina di macchine del rally. Scopriamo come funziona: una volta arrivati in frontiera, bisogna chiamare l'organizzazione del mongol rally, i quali pagano istantaneamente le tasse d'importazione, quando alla frontiera vedono il bonifico ti lasciano entrare.
Senza dilungarmi sui nostri problemi, siamo rimasti alla frontiera un giorno intero. Per fortuna siamo passati. Altre macchine, arrivate più tardi, hanno dovuto dormire in frontiera, non una notte, ma due, perché oggi è sabato, e la frontiera di domenica è chiusa.
Se non fossimo riusciti a passare avremmo superato la fatidica data del 28 agosto, superata la quale, non saremmo più potuti entrare in Mongolia. E’ andata bene.
Esco dalla frontiera a piedi, mentre gli altri sbrigano le ultime cose con la macchina, prendo 3 letti nell'unico "hotel" del paese. Hotel è una parola grossa. 2 stanze, una con tavolo, armadio che funge da piccolo "shop", e fornello, l'altra con stufa al centro, e 5 letti a castello. I proprietari/abitanti vivono in entrambe. Quindi immediatamente sono parte della famiglia.
Spiegano che qui non sono mongoli: sui Monti Altai, di Mongolia e di Russia, vivono i veri kazaki, più puri dei kazaki del Kazakistan, i quali nel tempo si sono imparentati con i Russi. Questi sono kazaki puri, di montagna, mai scesi sotto i 2000. Mi viene offerta una tazza di latte bollito con dentro del the. Ottimo per scaldarsi.
Poi finisco nelle mani di un camionista russo che si sta ristorando qua, il quale ingaggia un “uno contro uno” a base di shots di vodka. Un solo bicchiere, si beve a turno. Se non bevi al colpo non sei degno. Non ho mangiato neanche a pranzo, lui freschissimo, io sbronzo.
Siamo in coda, in tutto una quindicina di macchine del rally. Scopriamo come funziona: una volta arrivati in frontiera, bisogna chiamare l'organizzazione del mongol rally, i quali pagano istantaneamente le tasse d'importazione, quando alla frontiera vedono il bonifico ti lasciano entrare.
Senza dilungarmi sui nostri problemi, siamo rimasti alla frontiera un giorno intero. Per fortuna siamo passati. Altre macchine, arrivate più tardi, hanno dovuto dormire in frontiera, non una notte, ma due, perché oggi è sabato, e la frontiera di domenica è chiusa.
Se non fossimo riusciti a passare avremmo superato la fatidica data del 28 agosto, superata la quale, non saremmo più potuti entrare in Mongolia. E’ andata bene.
Esco dalla frontiera a piedi, mentre gli altri sbrigano le ultime cose con la macchina, prendo 3 letti nell'unico "hotel" del paese. Hotel è una parola grossa. 2 stanze, una con tavolo, armadio che funge da piccolo "shop", e fornello, l'altra con stufa al centro, e 5 letti a castello. I proprietari/abitanti vivono in entrambe. Quindi immediatamente sono parte della famiglia.
Spiegano che qui non sono mongoli: sui Monti Altai, di Mongolia e di Russia, vivono i veri kazaki, più puri dei kazaki del Kazakistan, i quali nel tempo si sono imparentati con i Russi. Questi sono kazaki puri, di montagna, mai scesi sotto i 2000. Mi viene offerta una tazza di latte bollito con dentro del the. Ottimo per scaldarsi.
Poi finisco nelle mani di un camionista russo che si sta ristorando qua, il quale ingaggia un “uno contro uno” a base di shots di vodka. Un solo bicchiere, si beve a turno. Se non bevi al colpo non sei degno. Non ho mangiato neanche a pranzo, lui freschissimo, io sbronzo.
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Arrivano i compagni di viaggio. Il camionista, con tre quarti di bottiglia di vodka nello stomaco, parte, in un buio totale, per affrontare le piste mongole. Ci offrono interiora di pecora, noi per ricambiare cuciniamo sulla stufa un risotto ai finferli e sgombro italian style che viene apprezzato da tutti. Foto di gruppo, altro po' di latte e cay, tisana, e a letto.
(Piccola parentesi sui bisogni fisici: il "bagno" è distante 100 metri. Non sto a descriverlo, allego la foto.)
Fuori qualche grado sotto zero e un vento incredibile. Dentro calduccio da stufa e coperte pesanti. Un sogno.
Barbieri direbbe "la felicità è davvero una piccola cosa". Io dico: bastano 4 mura e tanto calore umano per chiamare un posto "casa". Dei mobili antichi o di design non renderebbero queste due stanze più accoglienti. Spero che la Mongolia sia tutta così.
Federico Maccagni di Highway To Khan in Mongolia, direzione Ulan Bator
Arrivano i compagni di viaggio. Il camionista, con tre quarti di bottiglia di vodka nello stomaco, parte, in un buio totale, per affrontare le piste mongole. Ci offrono interiora di pecora, noi per ricambiare cuciniamo sulla stufa un risotto ai finferli e sgombro italian style che viene apprezzato da tutti. Foto di gruppo, altro po' di latte e cay, tisana, e a letto.
(Piccola parentesi sui bisogni fisici: il "bagno" è distante 100 metri. Non sto a descriverlo, allego la foto.)
Fuori qualche grado sotto zero e un vento incredibile. Dentro calduccio da stufa e coperte pesanti. Un sogno.
Barbieri direbbe "la felicità è davvero una piccola cosa". Io dico: bastano 4 mura e tanto calore umano per chiamare un posto "casa". Dei mobili antichi o di design non renderebbero queste due stanze più accoglienti. Spero che la Mongolia sia tutta così.
Federico Maccagni di Highway To Khan in Mongolia, direzione Ulan Bator