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Donnavventura 2011: con Chiara in Madagascar, Dubai e Oman (10 pagine)

Gran Raid Donnavventura 2011 alla scoperta dell'Oceano Indiano.

Il madagascar visto con gli occhi di Donnavventura e di Chiara

Il Madagascar è la grande isola continente, quarta al mondo per dimensione, staccatasi dall’Africa milioni di anni fa, un luogo ancora remoto ed affascinate, dove la natura aveva preso il sopravvento sviluppandosi in forme e colori unici. Aveva perché l’uomo, come sua abitudine, ci ha messo lo zampino, anzi le zampacce, deturpando e distruggendo ciò che madre natura aveva creato in maniera così perfetta ed armonica. Ma il Madagascar è un grande paese ed è riuscito a conservare comunque un fascino ed una ricchezza ancora in grado di stupire ed affascinare i viaggiatori che decidono di attraversarlo. La capitale è Antananarivo, una delle più pittoresche capitali africane per via dei suoi colori, i mercati che si snodano lungo quasi tutte le strade della città, le infinite scale e la varietà della gente che vi abita. E’ il centro della vita politica, economica e culturale del paese ed ancora conserva, nella parte alta dell’abitato, il palazzo e le case reali.

Donnavventura ha deciso di andare alla scoperta degli angoli più misteriosi dell’isola, avventurandosi lungo piste tortuose e ben poco battute, se non dai locali con i consueti carretti trainati dagli zebù. Proprio lo zebù meriterebbe una menzione speciale nel raccontare l’isola, poiché non vi è barometro sociale più efficace di questo. Animale importato e divenuto fondamentale per l’economia malgascia, grazie alla sua versatilità. È un forte e resistente compagno di lavoro, gli aratri da queste parti sono ancora trainati in questo modo ed è utilizzato in ogni sua parte, se ne mangia la carne e con le corna si realizzano piccoli utensili ed anche braccialetti o fermagli. Viene utilizzato come dote, moneta di scambio o per sedare dissidi familiari, ma anche sacrificato duranti riti o cerimonie funebri, a seconda delle usanze delle diverse tribù. In Madagascar infatti vivono circa venti milioni di persone, divise in 18 tribù ben distinte fra di loro; nuclei che tendono a mantenere la propria identità ed integrità culturale, tramandandosi lingua, usanze e credenze ancestrali ancora radicate in questa terra.

Metà della popolazione è ancora legata a religioni e credenze locali, animiste, dove lo spirito degli antenati pervade i prescelti, facendo di loro le nuove guide o i guaritori della tribù. E’ soprattutto il sud a conservare la propria dimensione più autentica, per via delle distanze che separano i villaggi e per la difficoltà del vivere in questa terra aspra e poco generosa. Si procede a velocità ridotta attraverso paesaggi spesso monotoni che d’improvviso cambiano colore e respiro. Il panorama degli altopiani alterna il verde delle risaie a distese brulle, caratterizzate da una bassa e rada vegetazione. Inoltrandosi invece nella parte centro/occidentale dell’isola, domina il rosso della terra, colore distribuito quasi uniformemente per via della polvere che si posa su ogni cosa e del fatto che le abitazioni sono realizzate in mattoni ricavati da questa stessa terra. Procedendo ancora verso ovest alle abitazioni in mattoni si sostituiscono le capanne di legno e paglia, minuscole, specie se si considera quante persone vi abitano. Strabordano di bambini che al passaggio delle vetture degli stranieri, si precipitano fuori dagli usci per salutare agitando la manina e urlando sorridenti. I parchi di questa parte di viaggio stupiscono per bellezza ed impatto visivo, come nel caso del parco nazionale degli Tsingy di Bemaraha, nei pressi di Bekopaka, dichiarati dall’Unesco patrimonio universale dell’umanità.

Al Kirindy invece si incontrano lemuri e fossa, la quint’essenza della fauna del Madagascar, i suoi abitanti simbolo, i lemuri ed i loro predatori più agguerriti, gli agili e scaltri fossa. E poi a Morondava i baobab danno spettacolo, con quel centenario viale naturale che stupisce per imponenza e fascino, specie al tramonto quando la calda luce del sole delinea i contorni di questi svettanti e singolari alberi. Quando si raggiunge la costa il panorama inevitabilmente cambia, si fa più dolce e all’altezza di Salary Bay diventa eccezionalmente bello, merito delle spiagge bianche e dell’acqua cristallina. Anche i villaggi cambiano aspetto e gli immancabili mercati sfoggiano bancarelle più ricche e variegate. Le tribù che vivono di pesca all’apparenza se la cavano un po’meglio rispetto ai pastori e ai contadini dell’interno. A Belo sur Mer poi si è sviluppata a partire dal XIX° secolo la costruzione delle golette, navi mercantili in legno che trasportano ogni genere di merce, tra i vari capi dell’isola. Nella regione Vezo, che prende il nome dalla tribù di pescatori cha la abita, si trova anche un Dipartimento Sanitario gemellato con l’ospedale S.Orsola Malpighi di Bologna, di fondazione italiana.

Qui operano stabilmente volontari italiani che riescono a garantire assistenza medica durante tutto l’anno. Questa è una delle tante iniziative di solidarietà e aiuto che associazioni italiane e singoli individui, intraprendono a sostegno di una popolazione in difficoltà, dove istruzione ed assistenza sanitaria non sono sempre garantite. Punto più meridionale toccato da Donnavventura è la città di Tulear, il cui nome significa “ormeggiate là”. Si trova all’altezza del tropico del Capricorno ed ha la fama di essere una città languida e morbosa; non è particolarmente bella, forse perché un po’ caotica e disordinata, affollata dagli immancabili risciò incontrati un po’ dappertutto. Da qui si risale verso nord in direzione della capitale. Si incontrano altri tre parchi degni di nota, quello dell’Isalo con le sue singolari conformazioni rocciose, il piccolo parco di Anja che ospita una nutrita comunità di lemuri catta, quelli con la coda ad anelli e la lussureggiante foresta pluviale di Ranomafana. Si percorre una delle poche strade asfaltate dell’isola e si incontrano le cittadine di Ambalavao e Ambositra, prima di rientrare a Tana, come viene familiarmente chiamata Antananarivo. Il tempo di riorganizzare materiali e bagagli e si vola sull’isola di Saint Marie, a largo della costa nord-orientale del Madagascar.

L’isola di per se è splendida, un piccolo gioiello di sessanta chilometri di lunghezza per cinque di larghezza. Ordinata, solare, accattivante ed accogliente ma non solo, a largo delle sue coste transitano numerosissime megattere durante le loro migrazioni dai mari freddi a quelli caldi e viceversa. L’incontro con questi grandi cetacei è in assoluto fra i più emozionanti dell’intero viaggio, osservarli mentre nuotano lenti ed ogni tanto si esibiscono in un salto è uno spettacolo che davvero lascia senza fiato. Proseguendo verso nord si arriva a Diego Suarez dall’atmosfera quasi latinoamericana ed anche i volti, la fisionomia delle persone, specie delle donne, nonché la loro fisicità, rimandano più alle popolazioni dei carabi, piuttosto che alle snelle e dinoccolate figure della gente del sud. Gli sguardi sono più decisi, smaliziati ed anche i modi decisi tradiscono una maggior confidenza con gli stranieri. Atmosfere caraibiche anche nella piantagione di cacao, dove l’aroma delle fave in fermentazione ed il caldo umido, rimandano a quelle sensazioni tattili di mollezza e sensualità descritte da Gabriel Garcia Marquez. Pachouli, vaniglia, ylang ylang , pepe, basilico ed erbe aromatiche contribuiscono a rendere l’aria densa degli aromi più svariati ed accattivanti, specie nei pressi delle numerose distillerie di oli essenziali.

Ed infine le isole, autentici paradisi terrestri dove l’acqua trasparente si adagia in onde regolari sulle candide spiagge. Nosy Iranja l’isola delle tartarughe, Nosy Komba, l’isola dei lemuri e addirittura Nosy Sakatia, l’isola dei gatti, sono solo alcune delle tante piccole isole che circondano la più conosciuta Nosy Be, l’isola grande e che abbiamo scoperto a bordo di una spettacolare barca a vela, l’Albaricoque, 54 piedi di vento e adrenalina. Dulcis in fundo Nosy Tsarabanjina che vuol dire “bella da vedere” perché è proprio quello che si pensa quando ci si trova di fronte o immersi in questo fazzoletto di terra nel mezzo dell’Oceano Indiano. Una natura quasi incontaminata ed un senso di pace avvolgono questo luogo dove Donnavventura ha deciso di passare gli ultimi giorni dedicati al Madagascar. Solo il rumore delle onde infrange il silenzio dell’isola, rotto di quando in quando, dal canto di qualche uccello o dalle strida di una coppia di aquile di mare.
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