Abbazia di Santa Giustina, visitare la grande chiesa di Padova
Il martirio di Santa Giustina di Paolo Veronese ci ricorda che siamo in una delle chiese più importanti d'Italia: l'Abbazia di Santa Giustina è l'undicesimo tempio della cristianità per dimensioni.
Fondata probabilmente nel V° secolo in un’area cimiteriale e dedicata alla padovana martirizzata nel 304, l’abbazia di santa Giustina è un importante luogo di culto cattolico della città veneta, ospitata in Prato della Valle, una delle più grandi piazze d’Europa.
Dopo il terribile terremoto del 1117, l’edificio religioso venne ricostruito tra XII° e XV° secolo per poi essere successivamente demolito quasi completamente e lasciare spazio all’attuale struttura cinquecentesca realizzata sotto la direzione di diversi architetti fra i quali Andrea Moroni e Andrea da Valle.
Sede della riforma attuata dall’abate Ludovico Barbo che diede origine alla congregazione cassinese, sino alle soppressioni degli ordini religiosi volute da Napoleone l’abbazia padovana fu una dei più importanti centri di culto della cristianità e ancora oggi rappresenta uno degli edifici più grandi al mondo.
Impreziosita da opere di grandi artisti come Paolo Veronese e Sebastiano Ricci, questa basilica minore (così venne elevata da Papa Pio X) ospita al suo interno reliquie fra cui quelle di san Luca Evangelista, san Massimo, san Mattia Apostolo, santa Felicita e della santa titolare del luogo di culto, Giustina.
La facciata, incompiuta, si eleva su un’ampia gradinata con ai lati due grifi in marmo di Verona appartenuti al precedente portale. Decisamente suggestiva è la vista del fianco e della parte absidale dell’abbazia con le otto cupole, alcune delle quali sormontate dalle statue in metallo di san Prosdocimo, Benedetto, Arnaldo e Giustina. Sulla destra si innalza il campanile, sopraelevato nel 1599 sul tronco medievale, che con i suoi 74 metri è una delle costruzioni più alte della città. All’interno si trova un prezioso concerto costituito da 7 campane fuse in varie epoche dal 1733 al 1957.
L’interno della chiesa, diviso in tre navate da grandi pilastri, è immenso e occupa per le sue dimensioni l’11° posto fra gli edifici di culto della cristianità; grazie alla scenografica misura dello spazio è anche una delle più prestigiose testimonianze dell’architettura cinquecentesca del Veneto. Le numerose opere di pittura e scultura seicentesche che la ornano ne fanno tra l’altro un’interessante documentazione dell’arte veneta di questo periodo. Di grande importanza c’è anche il bel Crocifisso ligneo di scuola toscana del XV° secolo.
La navata di destra ospita nella prima cappella la raffigurazione della “Conversione di San Paolo” attribuita a Benedetto Caliari, la seconda l’ “Estasi di San Gertrude” di Pietro Liberi eseguita nel 1678 mentre nella terza cappella vi è il “Martirio di San Gerardo” di Carlo Loth. Fra le testimonianze artistiche più importanti della navata destra spiccano il grande altare barocco con i dipinti di Rachele, san Giovanni e san Giacomo (6^ cappella) mentre nella settima vi è un altro bell’altare con le immagini di sant’Uria a firma di Bernardo Falcone, autore anche del san Taddeo, affiancato dal san Tommaso dell’Ongaro.
Nel transetto destro della chiesa si può invece ammirare l’Arca di san Mattia realizzata da Giovanni Francesco de’ Surdis nel 1562 e ornata da lastre in marmo greco scolpite in altorilievo, il dipinto dal titolo “Missione degli Apostoli” del Bissoni (1631) e la bella tela di Antonio Balestra che raffigura i “santi Cosma e Damiano tratti dalle acque” datata 1718. Attraverso una bella porta in pietra del XVI° secolo, che si apre dietro l’altare di san Mattia si raggiunge il “Pozzo dei Martiri”, un’interessante opera del 1566. Da qui proseguendo per un corridoio che ospita statue di Francesco Segala si arriva al sacello di san Prosdocimo innalzato verso la fine del V° secolo e probabilmente collegato alla prima basilica paleocristiana e di cui nel 1566 fu purtroppo demolito l’antico rivestimento in marmo e mosaico. Nel primo vano si trova l’iscrizione di Opilione (il prefetto del pretorio d’Italia ostrogoto che sulla tomba di santa Giustina da Padova fece erigere il luogo di culto) che ricorda la costruzione della basilica primitiva e del sacello, nel successivo spazio l’inconostasi marmorea e l’altare costituito da un antico sarcofago di marmo trasformato nella tomba di san Prosdocimo vescovo su cui è collocata un’antica immagine del santo a bassorilievo.
Tornando nel transetto di destra, tramite una porta che si apre nella parete della cappella successiva si passa in un corridoio: subito a destra si trova la cappella di san Luca, del 1301, trasformata nel 1589 in sepolcreto dai monaci con alle pareti storie della vita del santo, affrescate da Giovanni Storlato nel 1436.
Del 1462 è il coro vecchio, già abside della chiesa precedente dove alle pareti spicca un bel coro ligneo intagliato e intarsiato da Francesco da Parma e Domenico da Piacenza (1467-77) mentre nel bel mezzo del pavimento si staglia la tomba di Ludovico Barbo, abate di san Giustina e vescovo di Treviso, riformatore dell’ordine benedettino. A destra, nel presbiterio si trova la statua in pietra della santa titolare dell’abbazia attribuita a Egidio da Wiener Neustadt. Attraversando poi il coro vecchio si passa a sinistra dell’antisagrestia sulle cui pareti spicca la “Madonna col Bambino”, terracotta della fine del XV° secolo, e l’architrave del portale romanico con pregevoli sculture. Segue infine la sagrestia, un bell’ambiente del 1462 con banchi e dossali in legno scolpiti da Giovanni Rizzardi.
Nella cappella a destra del presbiterio si trova invece l’altare di san Massimo, con la “Pietà e santi”, gruppo marmoreo dell’artista Filippo Parodi realizzato nel 1689. Il presbiterio ospita ai lati due residenze in noce scolpite dal francese Riccardo Taurigny e dai suoi collaboratori: si tratta di due ordini di stalli con spalliere decorate a riquadri e ovali che raffigurano scene della vita di Gesù, scene bibliche e geroglifici allegorici. In fondo all’abside, in un grande altare dorato, troneggia il “Martirio di san Giustina”, grande tela di Paolo Veronese del 1575 mentre nelle lunette vi sono tele di Pietro Ricchi e Giovanni Francesco Cassana. A sinistra del presbiterio si apre la cappella del Santissimo con un grandioso altare barocco impreziosito da angeli, pregevole opera di Giusto Le Court, mentre nella volta e nel catino si trovano gli affreschi di Sebastiano Ricci raffiguranti il “Padre Eterno fra angeli e apostoli”.
Nel transetto sinistro della basilica si può ammirare invece l’Arca di san Luca, opera di scuola pisana del 1316 qui trasportata dall’antica cappella con magnifiche sculture in alabastro inquadrate in porfido verde; alle pareti i dipinti del “Martirio di santi Cosma e Damiano” del Balestra e la “Strage degli innocenti” di Bastiano Galvano. Nella navata sinistra si trovano la settima cappella dove spicca l’altare barocco con sull’urna san Felicita, san Simeone e san Marco (statue di Heinrich Meyring); la sesta con altare, sempre in stile barocco, dedicato a san Giuliano eseguito dal Comin; la quinta con “san Mauro in gloria”. Completano la terza con il “Martirio di san Daniele diacono” di Antonio Zanchi e la seconda cappella con il “san Gregorio Magno che libera Roma dalla peste” del Ricci (1700).
Caratterizzato da disegni geometrici, il pavimento dell’abbazia venne gettato tra il 1608 e il 1615 e ancora oggi si presenta con marmi gialli, rossi, bianchi e neri.
All’interno della basilica vi è inoltre la possibilità di acquistare articoli religiosi e prodotti di erboristeria realizzati dall’antica farmacia di san Giustina e altri monasteri: si possono scegliere tisane e prodotti per allergie ma anche vini Doc e olio extra vergine di oliva biologico.
Infine grazie anche alla rinascita della biblioteca nel 1951, l’edificio religioso ospita un laboratorio specializzato in rilegature di riviste e restauro di libri antichi.
A destra della basilica abbaziale si trova il monastero fondato nell’VIII° secolo, soppresso da Napoleone Bonaparte nel 1810 e rientrato in servizio nel 1943. Oggi si può visitare il Chiostro del Capitolo in stile romanico e quello Maggiore, conosciuto anche come Chiostro Dipinto per i tanti affreschi che lo decoravano. Il monastero ospita la biblioteca che custodisce circa 50 mila volumi e centinaia di stampe preziose.
L’edificio religioso, situato in via Ferrari 2/A, è aperto a visitatori e fedeli nei seguenti orari: periodo estivo 7.30-12 e 15-20 (giorni feriali) e 6.30-13 e 15-20 (festivi); periodo invernale 8-13 e 15-20 (feriali e festivi).
Sito ufficiale www.abbaziasantagiustina.org
Dopo il terribile terremoto del 1117, l’edificio religioso venne ricostruito tra XII° e XV° secolo per poi essere successivamente demolito quasi completamente e lasciare spazio all’attuale struttura cinquecentesca realizzata sotto la direzione di diversi architetti fra i quali Andrea Moroni e Andrea da Valle.
Sede della riforma attuata dall’abate Ludovico Barbo che diede origine alla congregazione cassinese, sino alle soppressioni degli ordini religiosi volute da Napoleone l’abbazia padovana fu una dei più importanti centri di culto della cristianità e ancora oggi rappresenta uno degli edifici più grandi al mondo.
Impreziosita da opere di grandi artisti come Paolo Veronese e Sebastiano Ricci, questa basilica minore (così venne elevata da Papa Pio X) ospita al suo interno reliquie fra cui quelle di san Luca Evangelista, san Massimo, san Mattia Apostolo, santa Felicita e della santa titolare del luogo di culto, Giustina.
La facciata, incompiuta, si eleva su un’ampia gradinata con ai lati due grifi in marmo di Verona appartenuti al precedente portale. Decisamente suggestiva è la vista del fianco e della parte absidale dell’abbazia con le otto cupole, alcune delle quali sormontate dalle statue in metallo di san Prosdocimo, Benedetto, Arnaldo e Giustina. Sulla destra si innalza il campanile, sopraelevato nel 1599 sul tronco medievale, che con i suoi 74 metri è una delle costruzioni più alte della città. All’interno si trova un prezioso concerto costituito da 7 campane fuse in varie epoche dal 1733 al 1957.
L’interno della chiesa, diviso in tre navate da grandi pilastri, è immenso e occupa per le sue dimensioni l’11° posto fra gli edifici di culto della cristianità; grazie alla scenografica misura dello spazio è anche una delle più prestigiose testimonianze dell’architettura cinquecentesca del Veneto. Le numerose opere di pittura e scultura seicentesche che la ornano ne fanno tra l’altro un’interessante documentazione dell’arte veneta di questo periodo. Di grande importanza c’è anche il bel Crocifisso ligneo di scuola toscana del XV° secolo.
La navata di destra ospita nella prima cappella la raffigurazione della “Conversione di San Paolo” attribuita a Benedetto Caliari, la seconda l’ “Estasi di San Gertrude” di Pietro Liberi eseguita nel 1678 mentre nella terza cappella vi è il “Martirio di San Gerardo” di Carlo Loth. Fra le testimonianze artistiche più importanti della navata destra spiccano il grande altare barocco con i dipinti di Rachele, san Giovanni e san Giacomo (6^ cappella) mentre nella settima vi è un altro bell’altare con le immagini di sant’Uria a firma di Bernardo Falcone, autore anche del san Taddeo, affiancato dal san Tommaso dell’Ongaro.
Nel transetto destro della chiesa si può invece ammirare l’Arca di san Mattia realizzata da Giovanni Francesco de’ Surdis nel 1562 e ornata da lastre in marmo greco scolpite in altorilievo, il dipinto dal titolo “Missione degli Apostoli” del Bissoni (1631) e la bella tela di Antonio Balestra che raffigura i “santi Cosma e Damiano tratti dalle acque” datata 1718. Attraverso una bella porta in pietra del XVI° secolo, che si apre dietro l’altare di san Mattia si raggiunge il “Pozzo dei Martiri”, un’interessante opera del 1566. Da qui proseguendo per un corridoio che ospita statue di Francesco Segala si arriva al sacello di san Prosdocimo innalzato verso la fine del V° secolo e probabilmente collegato alla prima basilica paleocristiana e di cui nel 1566 fu purtroppo demolito l’antico rivestimento in marmo e mosaico. Nel primo vano si trova l’iscrizione di Opilione (il prefetto del pretorio d’Italia ostrogoto che sulla tomba di santa Giustina da Padova fece erigere il luogo di culto) che ricorda la costruzione della basilica primitiva e del sacello, nel successivo spazio l’inconostasi marmorea e l’altare costituito da un antico sarcofago di marmo trasformato nella tomba di san Prosdocimo vescovo su cui è collocata un’antica immagine del santo a bassorilievo.
Tornando nel transetto di destra, tramite una porta che si apre nella parete della cappella successiva si passa in un corridoio: subito a destra si trova la cappella di san Luca, del 1301, trasformata nel 1589 in sepolcreto dai monaci con alle pareti storie della vita del santo, affrescate da Giovanni Storlato nel 1436.
Del 1462 è il coro vecchio, già abside della chiesa precedente dove alle pareti spicca un bel coro ligneo intagliato e intarsiato da Francesco da Parma e Domenico da Piacenza (1467-77) mentre nel bel mezzo del pavimento si staglia la tomba di Ludovico Barbo, abate di san Giustina e vescovo di Treviso, riformatore dell’ordine benedettino. A destra, nel presbiterio si trova la statua in pietra della santa titolare dell’abbazia attribuita a Egidio da Wiener Neustadt. Attraversando poi il coro vecchio si passa a sinistra dell’antisagrestia sulle cui pareti spicca la “Madonna col Bambino”, terracotta della fine del XV° secolo, e l’architrave del portale romanico con pregevoli sculture. Segue infine la sagrestia, un bell’ambiente del 1462 con banchi e dossali in legno scolpiti da Giovanni Rizzardi.
Nella cappella a destra del presbiterio si trova invece l’altare di san Massimo, con la “Pietà e santi”, gruppo marmoreo dell’artista Filippo Parodi realizzato nel 1689. Il presbiterio ospita ai lati due residenze in noce scolpite dal francese Riccardo Taurigny e dai suoi collaboratori: si tratta di due ordini di stalli con spalliere decorate a riquadri e ovali che raffigurano scene della vita di Gesù, scene bibliche e geroglifici allegorici. In fondo all’abside, in un grande altare dorato, troneggia il “Martirio di san Giustina”, grande tela di Paolo Veronese del 1575 mentre nelle lunette vi sono tele di Pietro Ricchi e Giovanni Francesco Cassana. A sinistra del presbiterio si apre la cappella del Santissimo con un grandioso altare barocco impreziosito da angeli, pregevole opera di Giusto Le Court, mentre nella volta e nel catino si trovano gli affreschi di Sebastiano Ricci raffiguranti il “Padre Eterno fra angeli e apostoli”.
Nel transetto sinistro della basilica si può ammirare invece l’Arca di san Luca, opera di scuola pisana del 1316 qui trasportata dall’antica cappella con magnifiche sculture in alabastro inquadrate in porfido verde; alle pareti i dipinti del “Martirio di santi Cosma e Damiano” del Balestra e la “Strage degli innocenti” di Bastiano Galvano. Nella navata sinistra si trovano la settima cappella dove spicca l’altare barocco con sull’urna san Felicita, san Simeone e san Marco (statue di Heinrich Meyring); la sesta con altare, sempre in stile barocco, dedicato a san Giuliano eseguito dal Comin; la quinta con “san Mauro in gloria”. Completano la terza con il “Martirio di san Daniele diacono” di Antonio Zanchi e la seconda cappella con il “san Gregorio Magno che libera Roma dalla peste” del Ricci (1700).
Caratterizzato da disegni geometrici, il pavimento dell’abbazia venne gettato tra il 1608 e il 1615 e ancora oggi si presenta con marmi gialli, rossi, bianchi e neri.
All’interno della basilica vi è inoltre la possibilità di acquistare articoli religiosi e prodotti di erboristeria realizzati dall’antica farmacia di san Giustina e altri monasteri: si possono scegliere tisane e prodotti per allergie ma anche vini Doc e olio extra vergine di oliva biologico.
Infine grazie anche alla rinascita della biblioteca nel 1951, l’edificio religioso ospita un laboratorio specializzato in rilegature di riviste e restauro di libri antichi.
A destra della basilica abbaziale si trova il monastero fondato nell’VIII° secolo, soppresso da Napoleone Bonaparte nel 1810 e rientrato in servizio nel 1943. Oggi si può visitare il Chiostro del Capitolo in stile romanico e quello Maggiore, conosciuto anche come Chiostro Dipinto per i tanti affreschi che lo decoravano. Il monastero ospita la biblioteca che custodisce circa 50 mila volumi e centinaia di stampe preziose.
L’edificio religioso, situato in via Ferrari 2/A, è aperto a visitatori e fedeli nei seguenti orari: periodo estivo 7.30-12 e 15-20 (giorni feriali) e 6.30-13 e 15-20 (festivi); periodo invernale 8-13 e 15-20 (feriali e festivi).
Sito ufficiale www.abbaziasantagiustina.org