Il Museo del Tesoro di San Gennaro a Napoli
Il 19 settembre è un gran giorno per Napoli (ma anche per la Redazione!) quando avviene il miracolo della liquefazione sangue di San Gennaro. Pochi sanno che a fianco della Cattedrale sorge il museo che ospita il tesoro del patrono napoletano.
Inaugurato nel Dicembre 2003 grazie ai contributi economici stanziati dalla Comunità Europea, con la collaborazione delle Soprintendenze per i Beni Ambientali e Architettonici, Artistici e Storici e su proposta della Deputazione della Reale Cappella del Tesoro (istituzione fra le più antiche d’Italia nata nel 1601), il Museo del Tesoro di San Gennaro rappresenta con le sue preziose collezioni di opere d’arte una delle realtà museali più interessanti della città di Napoli.
Ad occuparsi della realizzazione e della gestione di questo giovane museo, che ha già al suo attivo un interesse a livello internazionale e un record di afflusso di visite, è la Pg Video srl che ha saputo sottolineare il valore storico, artistico e spirituale dei manufatti appartenenti al tesoro, prima d’ora mai esposti al pubblico, e della Sacrestia con gli affreschi e i dipinti attribuiti a Luca Giordano, al Domenichino e a Massimo Stanzione.
Nel corso dei secoli sovrani, pontefici, regnanti, personaggi illustri ma anche uomini comuni hanno donato per una forma di devozione nei confronti di San Gennaro – patrono della città nel cui Duomo sono custodite due ampolle contenenti una sostanza liquida che per la tradizione sarebbe sangue del santo che si liquefa tre volte l’anno - gli oggetti più preziosi (gioielli, argenti, documenti scritti, pergamene e statue lignee) che proprio in questo luogo hanno trovato la loro perfetta collocazione.
Ad accompagnare nel percorso museale (l’ingresso è accanto al Duomo e alla Cappella del Tesoro) sono delle suggestive sonorità che, partendo dalle voci dei vicoli napoletani (nella prima sezione), si trasformano in preghiere a San Gennaro (seconda sezione) sino a diventare canti evocativi che raccontano il miracolo della liquefazione e inni religiosi del’ 600 (nella terza e quarta sezione). Il visitatore viene accolto nella prima sala dell’ingresso dall’immagine più conosciuta del santo patrono di Napoli, quella di San Gennaro con le ampolle di sangue, raffigurato nel dipinto di Francesco Solimena del 1701. Al secondo piano del museo si accede a tre luoghi di culto (Cappella dell’Immacolata, antisacrestia e Sacrestia della Cappella di San Gennaro) di recente sottoposti ad accurati interventi di restauro, riaperti dopo oltre quattro secoli di chiusura per permettere ai visitatori di ammirare i marmi pregiati e i dipinti che li arricchiscono.
Nelle sale del terzo piano si trovano invece esposte le undici meraviglie del Tesoro dedicato al patrono di Napoli che, secondo gli esperti, rappresenterebbe una delle collezioni più ricche al mondo al pari della Corona d’Inghilterra e dello zar di Russia. Alcuni busti reliquario, che rappresenterebbero solo una minima parte dei compatroni di San Gennaro nella difesa della città, sono stati collocati in uno spazio adeguato del museo: nel 1711 pare si raggiunse il numero di 22 compatroni di Napoli a cui, successivamente, ne furono affiancati altri fra cui Sant’Irene e Sant’Emidio (quest’ultimo dal 1735 venne anche confermato come protettore dai terremoti).
Adornata con marmi pregiati e stucchi, gli affreschi realizzati nella Cappella dell’Immacolata risalgono al 1663 e rappresentano una delle più interessanti opere del pittore napoletano Luca Giordano che non riuscì però ad ultimarle lasciando ad uno dei suoi allievi, tale Giacomo Farelli, l’onore di apporre la propria firma sull’immagine dell’Immacolata Concezione. Sull’altare si trova il dipinto su rame con la Guarigione dell’ossessa dello Stanzione datato 1643 mentre di fronte è stato collocato un dipinto su tela di Pacecco de Rosa che ritrae il santo intento a intercedere presso l’Immacolata. In occasione dell’apertura del museo, questa sacrestia ha ospitato anche una portantina (foderata con drappi d’oro e seta) donata attorno al 1767 dal duca de Costanzo Patrizio Napolitano per trasportare il trecentesco busto di San Gennaro durante la processione di maggio.
Nell’antisacrestia spiccano gli affreschi che adornano la volta eseguiti da Francesco e Nicola Rossi presumibilmente nel 1744 mentre quelli delle pareti portano la firma del pugliese Vincenzo Fato e sono del 1742.
La Sacrestia è rivestita da armadi disegnati dal Lazzari; gli affreschi dei rami sono di Luca Giordano che li eseguì nel 1668, autore anche di due splendidi ovali su rame. La decorazione della volta è opera dello scultore Andrea Falcone e al centro del soffitto culmina con un affresco, sempre del Giordano, risalente al 1668 e raffigurante San Gennaro. Grazie alla straordinaria capacità di scultori, cesellatori, pittori e argentieri napoletani il Museo del Tesoro ospita capolavori di inestimabile valore: calici, candelabri, piatti, ostensori con i busti e statue dei compatroni sono solo alcuni esempi.
Gli argenti, che rappresentano una parte importante del percorso museale, erano in prevalenza manifatture religiose per l’utilizzo liturgico quotidiano realizzati in gran parte per custodire le reliquie dei santi. Fra i manufatti più prestigiosi vi sono una coppia di candelabri realizzati con un sapiente accostamento di rame dorato, bronzo e cristallo di rocca, materiale quest’ultimo poco utilizzato nelle decorazioni partenopee; il piatto ovale in argento dorato lavorato a sbalzo e rifinito a cesello da Biagio Guariniello nel 1698; il boccale per pontificale datato fra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento. Singolare quanto scenico è il parato per funzioni pontificali, un vero e proprio kit destinato all’utilizzo del vescovo ad iniziare dalla celebrazione della funzione liturgica.
I gioielli, di grandissimo valore economico e artistico, furono prodotti dall’arte dei maestri orafi napoletani: la collana di San Gennaro, iniziata nel 1679 e donata dai Borbone, è adornata da 13 grosse maglie in oro a cui sono appese croci con zaffiri e smeraldi; il manto del santo coperto di pietre preziose e smalti con le insegne araldiche del casato; il copricapo vescovile del 1713 eseguito da Matteo Treglia; il calice d’oro con rubini, brillanti e smeraldi del 1761…
Particolare attenzione la meritano inoltre le statue lignee realizzate nel corso del Settecento da intagliatori della scuola partenopea così come i dipinti e gli affreschi ospitati nei luoghi sacri.
Infine degno di grande attenzione è l’Archivio che raccoglie scritture ecclesiastiche, documenti di carattere laico e pergamene: rappresenta una delle poche raccolte che è riuscita a superare indenne la Seconda Guerra Mondiale, le distruzioni e i terremoti.
E proprio fra le curiosità che riguardano il museo ricordiamo che durante il secondo conflitto, il Tesoro di San Gennaro venne conservato in Vaticano e riportato a Napoli grazie al viaggio avventuroso del napoletano Giuseppe Navarra che riuscì a far pervenire i preziosi oggetti nelle mani del vescovo del tempo Alessio Ascalesi.
Per raggiungere con i mezzi di trasporto pubblico il Museo del Tesoro di San Gennaro, in via Duomo 149, si può utilizzare la linea 1 (fermata Cavour) oppure la linea 2 (fermata museo) della metropolitana o un qualsiasi autobus che si fermi in via Marina o corso Umberto all’altezza di piazza Nicola Amore (da li risalendo via Duomo si arriva in pochi minuti al Museo del Tesoro).
Il museo è aperto tutti i giorni dalle ore 9 alle ore 17 (mercoledì solo su prenotazione); il biglietto d’ingresso singolo costa 5 Euro; 5 Euro per ridotti gruppi e/o Cral (più di 15 persone senza guida e con prenotazione obbligatoria); 5 Euro per le scolaresche con guida inclusa e prenotazione obbligatoria.
Per informazioni http://www.museosangennaro.it, +39 081.294980, +39 334.1580250 e +39 338.3361771
Ad occuparsi della realizzazione e della gestione di questo giovane museo, che ha già al suo attivo un interesse a livello internazionale e un record di afflusso di visite, è la Pg Video srl che ha saputo sottolineare il valore storico, artistico e spirituale dei manufatti appartenenti al tesoro, prima d’ora mai esposti al pubblico, e della Sacrestia con gli affreschi e i dipinti attribuiti a Luca Giordano, al Domenichino e a Massimo Stanzione.
Nel corso dei secoli sovrani, pontefici, regnanti, personaggi illustri ma anche uomini comuni hanno donato per una forma di devozione nei confronti di San Gennaro – patrono della città nel cui Duomo sono custodite due ampolle contenenti una sostanza liquida che per la tradizione sarebbe sangue del santo che si liquefa tre volte l’anno - gli oggetti più preziosi (gioielli, argenti, documenti scritti, pergamene e statue lignee) che proprio in questo luogo hanno trovato la loro perfetta collocazione.
Ad accompagnare nel percorso museale (l’ingresso è accanto al Duomo e alla Cappella del Tesoro) sono delle suggestive sonorità che, partendo dalle voci dei vicoli napoletani (nella prima sezione), si trasformano in preghiere a San Gennaro (seconda sezione) sino a diventare canti evocativi che raccontano il miracolo della liquefazione e inni religiosi del’ 600 (nella terza e quarta sezione). Il visitatore viene accolto nella prima sala dell’ingresso dall’immagine più conosciuta del santo patrono di Napoli, quella di San Gennaro con le ampolle di sangue, raffigurato nel dipinto di Francesco Solimena del 1701. Al secondo piano del museo si accede a tre luoghi di culto (Cappella dell’Immacolata, antisacrestia e Sacrestia della Cappella di San Gennaro) di recente sottoposti ad accurati interventi di restauro, riaperti dopo oltre quattro secoli di chiusura per permettere ai visitatori di ammirare i marmi pregiati e i dipinti che li arricchiscono.
Nelle sale del terzo piano si trovano invece esposte le undici meraviglie del Tesoro dedicato al patrono di Napoli che, secondo gli esperti, rappresenterebbe una delle collezioni più ricche al mondo al pari della Corona d’Inghilterra e dello zar di Russia. Alcuni busti reliquario, che rappresenterebbero solo una minima parte dei compatroni di San Gennaro nella difesa della città, sono stati collocati in uno spazio adeguato del museo: nel 1711 pare si raggiunse il numero di 22 compatroni di Napoli a cui, successivamente, ne furono affiancati altri fra cui Sant’Irene e Sant’Emidio (quest’ultimo dal 1735 venne anche confermato come protettore dai terremoti).
Adornata con marmi pregiati e stucchi, gli affreschi realizzati nella Cappella dell’Immacolata risalgono al 1663 e rappresentano una delle più interessanti opere del pittore napoletano Luca Giordano che non riuscì però ad ultimarle lasciando ad uno dei suoi allievi, tale Giacomo Farelli, l’onore di apporre la propria firma sull’immagine dell’Immacolata Concezione. Sull’altare si trova il dipinto su rame con la Guarigione dell’ossessa dello Stanzione datato 1643 mentre di fronte è stato collocato un dipinto su tela di Pacecco de Rosa che ritrae il santo intento a intercedere presso l’Immacolata. In occasione dell’apertura del museo, questa sacrestia ha ospitato anche una portantina (foderata con drappi d’oro e seta) donata attorno al 1767 dal duca de Costanzo Patrizio Napolitano per trasportare il trecentesco busto di San Gennaro durante la processione di maggio.
Nell’antisacrestia spiccano gli affreschi che adornano la volta eseguiti da Francesco e Nicola Rossi presumibilmente nel 1744 mentre quelli delle pareti portano la firma del pugliese Vincenzo Fato e sono del 1742.
La Sacrestia è rivestita da armadi disegnati dal Lazzari; gli affreschi dei rami sono di Luca Giordano che li eseguì nel 1668, autore anche di due splendidi ovali su rame. La decorazione della volta è opera dello scultore Andrea Falcone e al centro del soffitto culmina con un affresco, sempre del Giordano, risalente al 1668 e raffigurante San Gennaro. Grazie alla straordinaria capacità di scultori, cesellatori, pittori e argentieri napoletani il Museo del Tesoro ospita capolavori di inestimabile valore: calici, candelabri, piatti, ostensori con i busti e statue dei compatroni sono solo alcuni esempi.
Gli argenti, che rappresentano una parte importante del percorso museale, erano in prevalenza manifatture religiose per l’utilizzo liturgico quotidiano realizzati in gran parte per custodire le reliquie dei santi. Fra i manufatti più prestigiosi vi sono una coppia di candelabri realizzati con un sapiente accostamento di rame dorato, bronzo e cristallo di rocca, materiale quest’ultimo poco utilizzato nelle decorazioni partenopee; il piatto ovale in argento dorato lavorato a sbalzo e rifinito a cesello da Biagio Guariniello nel 1698; il boccale per pontificale datato fra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento. Singolare quanto scenico è il parato per funzioni pontificali, un vero e proprio kit destinato all’utilizzo del vescovo ad iniziare dalla celebrazione della funzione liturgica.
I gioielli, di grandissimo valore economico e artistico, furono prodotti dall’arte dei maestri orafi napoletani: la collana di San Gennaro, iniziata nel 1679 e donata dai Borbone, è adornata da 13 grosse maglie in oro a cui sono appese croci con zaffiri e smeraldi; il manto del santo coperto di pietre preziose e smalti con le insegne araldiche del casato; il copricapo vescovile del 1713 eseguito da Matteo Treglia; il calice d’oro con rubini, brillanti e smeraldi del 1761…
Particolare attenzione la meritano inoltre le statue lignee realizzate nel corso del Settecento da intagliatori della scuola partenopea così come i dipinti e gli affreschi ospitati nei luoghi sacri.
Infine degno di grande attenzione è l’Archivio che raccoglie scritture ecclesiastiche, documenti di carattere laico e pergamene: rappresenta una delle poche raccolte che è riuscita a superare indenne la Seconda Guerra Mondiale, le distruzioni e i terremoti.
E proprio fra le curiosità che riguardano il museo ricordiamo che durante il secondo conflitto, il Tesoro di San Gennaro venne conservato in Vaticano e riportato a Napoli grazie al viaggio avventuroso del napoletano Giuseppe Navarra che riuscì a far pervenire i preziosi oggetti nelle mani del vescovo del tempo Alessio Ascalesi.
Per raggiungere con i mezzi di trasporto pubblico il Museo del Tesoro di San Gennaro, in via Duomo 149, si può utilizzare la linea 1 (fermata Cavour) oppure la linea 2 (fermata museo) della metropolitana o un qualsiasi autobus che si fermi in via Marina o corso Umberto all’altezza di piazza Nicola Amore (da li risalendo via Duomo si arriva in pochi minuti al Museo del Tesoro).
Il museo è aperto tutti i giorni dalle ore 9 alle ore 17 (mercoledì solo su prenotazione); il biglietto d’ingresso singolo costa 5 Euro; 5 Euro per ridotti gruppi e/o Cral (più di 15 persone senza guida e con prenotazione obbligatoria); 5 Euro per le scolaresche con guida inclusa e prenotazione obbligatoria.
Per informazioni http://www.museosangennaro.it, +39 081.294980, +39 334.1580250 e +39 338.3361771