Nepi (Lazio): la Rocca e cosa vedere nel borgo dell'acqua
Nepi, guida alla visita: cosa fare e cosa vedere tra le sue attrazioni. Nepi dove si trova? Cosa visitare nei dintorni, come arrivare e il meteo.
Decidere di visitare Nepi non significa solo far tappa in uno dei tanti splendidi comuni della provincia di Viterbo nel Lazio, ma anche addentrarsi con spirito libero e corpo saldo nel tortuoso ma bellissimo territorio contraddistinto dalla celebre Tuscia, comprensorio di suggestivi scenari il cui eclettismo paesaggistico spazia comprendendo agili promontori collinari, piane estesissime, gole, laghi (il Bolsena e il Monterosi) e fiumi d’intensa portata quali il Rio Falisco e il Rio Puzzolo che avviluppano come sinuosi serpenti liquefatti lo sperone di roccia tufacea sul quale il centro storico di Nepi sorge alto e signorile a osservare fiero lo sdoganarsi delle "Forre", le larghe valli di origine vulcanica figlie delle primordiali azioni del Vicano e del Sabatino.
Nepi ha saputo incastonarsi perfettamente in un tessuto geograficamente difficile, ostico fin dalla Preistoria, riuscendo a crescere sia storicamente che socialmente e portando il suo bacino residenziale a livelli che registrano attualmente un numero di abitanti molto vicino alle 10.000 unità, notevole se si considerano le sfaccettate asperità dell’hinterland viterbese afferente questi luoghi, accoglienti un tempo necropoli (da visitare la "Tre Ponti"), insediamenti rupestri e villaggi. In un contesto di accessibilità ridotta, dunque, il "borgo" ha prosperato vantando la prossimità invidiabile a boschi praticamente incontaminati, tasselli di una chiomata macchia mediterranea che sublima come un dipinto di divino artista amante della natura, che essa risplenda in una flora ricamata da lecci, agrifogli, biancospini e ginepri o in una fauna di volpi, aironi, faine e istrici. Un verde vivo attornia peraltro pareti tufacee dalle quali sgorga acqua purissima sotto forma di sorgenti delicate o furenti cascate (vedesi la coppia conosciuta col nome di "Caduta del Picchio").
Nepi è famoso per la sua acqua, in particolare per la sua sorgente di acque effervescenti naturali conosciute già nelle Antiche Terme dei Gracchi, che ancora oggi affiorano ricche di sali dopo il loro percorso sotterano nei Monti Cimini, e vengono sfruttate commercialmente.
Conosciuto un primo splendore nell’Alto Medioevo, Nepi si costituì fattivamente Comune nel 1131 ma questo non lo dispensò dall’essere assoggettato ai domini feudali di diverse famiglie influenti, si citino a questo proposito gli Orsini, i Borgia, gli Sforza e i Farnese. Altalenante tra egida imperiale e possesso pontificio, la modernità di Nepi venne scandita dalla rivalsa della Santa Sede non senza turbinii storici che si ripeterono latenti fino all’Unità d’Italia.
Si necessita dunque di una guida turistica dall’opulenta foliazione per circoscrivere un lungo elenco che, a partire da edifici minori come le chiese di Santa Croce, San Rocco, Madonna dell’Umiltà, Sant’Antonio e San Paolo, perviene alla monumentalità rappresentata dal Duomo, la cui veste è quella della Basilica Concattedrale di Santa Maria Assunta e Sant’Anastasia, occupante un luogo in cui anticamente sorgeva un tempio dedicato al culto del pagano Giove. La chiesa, consacrata nel remoto 1266, risulta di una bellezza palpitante, fomentata dal coerente e ragionato assemblaggio di precetti architettonici fondamentali esposti con un risonante portico quattrocentesco a tre archi a tutto sesto, con cinque navate interne pilastrate riccamente affrescate (la volta reca una splendida Incoronazione di Maria fra i Santi Pio V, Savinilla, Tolomeo e Romano realizzata nel XIX secolo da Domenico Torti), il presbiterio a finta cupola calcato da opere d’arte pittoriche quali la Gloria di Maria Assunta in Cielo, il Trittico del Santissimo Salvatore e il sarcofago marmoreo di Ercole Ferrata contenente le reliquie di San Romano, infine la cripta ad oratorium.
Il campanile risale al 1511 ed è opera di Jacopo Ungarico da Caravaggio. Emblematica la Chiesa di San Tolomeo, realizzata a più fasi temporali a partire dal 1543, anno che ha visto decollare i lavori dilatatisi fino al 1606 a opera di non uno ma molteplici architetti, fra i quali spiccano Antonio da Sangallo il Giovane, Giovanni Antonio Garzoni, Giovanni Rosa e Flaminio Ponzio. L’impianto originale, cioè l’essenziale struttura, venne nei secoli rinvigorita da sempre nuove aggiunte, la volte a botte della navata, abside, presbiterio e i tre bellissimi altari, dei quali il Maggiore – risalente al 1654 – custodisce le reliquie dei Santi Martiri.
Dalla chiesa si può accedere alla Catacomba di Santa Savinilla, uno dei più grandi complessi funerari d’Italia. Da menzionare anche la Chiesa di San Biagio, una delle più antiche della cittadina, dichiarata monumento nazionale non tanto per la semplicità della veste esterna quanto per l’altisonanza dell’ambiente raccolto fra le sue quattro mura. Completano il quadro sacro la tardo barocca Chiesa di San Pietro Apostolo e la Chiesa di San Giovanni Decollato.
Il parterre di edifici si infoltisce con i palazzi Celsi, Sansoni, Pisani, Savi e Floridi, oltre a Palazzo Melata e le torri medievali. Con tutti questi vanti, fu facile per Nepi essere inscritta fra le trame del Grand Tour, cioè l’insieme di località predilette da influenti personalità del mondo dell’arte e della politica che pervasero tempi non sospetti (William Turner e Massimo D’Azeglio furono tra questi).
Il paesaggio di Nepi
Questo tappeto geomorfologico irrequieto vede inoltre il prolungarsi a intermittenza dei caratteristici Cavoni, viuzze d’epoca pre-romana che fra le rocce compongono sinapsi di sentieri e percorsi dove gli amanti dell’avventura trasalgono di passione e adrenalina, il cui collante è chiaramente la contemplazione on the road di scorci unici, inimitabili, speciali e voraci di attenzione.Nepi ha saputo incastonarsi perfettamente in un tessuto geograficamente difficile, ostico fin dalla Preistoria, riuscendo a crescere sia storicamente che socialmente e portando il suo bacino residenziale a livelli che registrano attualmente un numero di abitanti molto vicino alle 10.000 unità, notevole se si considerano le sfaccettate asperità dell’hinterland viterbese afferente questi luoghi, accoglienti un tempo necropoli (da visitare la "Tre Ponti"), insediamenti rupestri e villaggi. In un contesto di accessibilità ridotta, dunque, il "borgo" ha prosperato vantando la prossimità invidiabile a boschi praticamente incontaminati, tasselli di una chiomata macchia mediterranea che sublima come un dipinto di divino artista amante della natura, che essa risplenda in una flora ricamata da lecci, agrifogli, biancospini e ginepri o in una fauna di volpi, aironi, faine e istrici. Un verde vivo attornia peraltro pareti tufacee dalle quali sgorga acqua purissima sotto forma di sorgenti delicate o furenti cascate (vedesi la coppia conosciuta col nome di "Caduta del Picchio").
Nepi è famoso per la sua acqua, in particolare per la sua sorgente di acque effervescenti naturali conosciute già nelle Antiche Terme dei Gracchi, che ancora oggi affiorano ricche di sali dopo il loro percorso sotterano nei Monti Cimini, e vengono sfruttate commercialmente.
Storia
Facile allora immaginare l’origine del nome del borgo: Nepi deriverebbe da Nepet, a sua volta legato alla parola etrusca Nepa, cioè "acqua". Leggenda vuole che la cittadina sia stata costituita quasi 500 anni prima della fondazione di Roma a opera di Termo Larte, ma se ci si affida più alla storia che al mito, fuoriesce una verità che la colloca nel periodo compreso fra il tramonto della civiltà etrusca e l’alba di quella latina.Conosciuto un primo splendore nell’Alto Medioevo, Nepi si costituì fattivamente Comune nel 1131 ma questo non lo dispensò dall’essere assoggettato ai domini feudali di diverse famiglie influenti, si citino a questo proposito gli Orsini, i Borgia, gli Sforza e i Farnese. Altalenante tra egida imperiale e possesso pontificio, la modernità di Nepi venne scandita dalla rivalsa della Santa Sede non senza turbinii storici che si ripeterono latenti fino all’Unità d’Italia.
Cosa vedere a Nepi
La cittadina oggi ha la fisionomia di un paese allargato che a braccia aperte accoglie i turisti in virtù di un corredo architettonico sterminato, ma quest’ultimo aggettivo risulta mero eufemismo in quanto realmente la copiosità di edifici e monumenti fa fatica a essere contenuto entro un usuale lessico di confinamento semantico. Per rendere il discorso prosaico, si pensi a Nepi come a un forziere contraddistinto in maggioranza da esemplari ecclesiastici di notevole fattura ed echeggiante rimando.Si necessita dunque di una guida turistica dall’opulenta foliazione per circoscrivere un lungo elenco che, a partire da edifici minori come le chiese di Santa Croce, San Rocco, Madonna dell’Umiltà, Sant’Antonio e San Paolo, perviene alla monumentalità rappresentata dal Duomo, la cui veste è quella della Basilica Concattedrale di Santa Maria Assunta e Sant’Anastasia, occupante un luogo in cui anticamente sorgeva un tempio dedicato al culto del pagano Giove. La chiesa, consacrata nel remoto 1266, risulta di una bellezza palpitante, fomentata dal coerente e ragionato assemblaggio di precetti architettonici fondamentali esposti con un risonante portico quattrocentesco a tre archi a tutto sesto, con cinque navate interne pilastrate riccamente affrescate (la volta reca una splendida Incoronazione di Maria fra i Santi Pio V, Savinilla, Tolomeo e Romano realizzata nel XIX secolo da Domenico Torti), il presbiterio a finta cupola calcato da opere d’arte pittoriche quali la Gloria di Maria Assunta in Cielo, il Trittico del Santissimo Salvatore e il sarcofago marmoreo di Ercole Ferrata contenente le reliquie di San Romano, infine la cripta ad oratorium.
Il campanile risale al 1511 ed è opera di Jacopo Ungarico da Caravaggio. Emblematica la Chiesa di San Tolomeo, realizzata a più fasi temporali a partire dal 1543, anno che ha visto decollare i lavori dilatatisi fino al 1606 a opera di non uno ma molteplici architetti, fra i quali spiccano Antonio da Sangallo il Giovane, Giovanni Antonio Garzoni, Giovanni Rosa e Flaminio Ponzio. L’impianto originale, cioè l’essenziale struttura, venne nei secoli rinvigorita da sempre nuove aggiunte, la volte a botte della navata, abside, presbiterio e i tre bellissimi altari, dei quali il Maggiore – risalente al 1654 – custodisce le reliquie dei Santi Martiri.
Dalla chiesa si può accedere alla Catacomba di Santa Savinilla, uno dei più grandi complessi funerari d’Italia. Da menzionare anche la Chiesa di San Biagio, una delle più antiche della cittadina, dichiarata monumento nazionale non tanto per la semplicità della veste esterna quanto per l’altisonanza dell’ambiente raccolto fra le sue quattro mura. Completano il quadro sacro la tardo barocca Chiesa di San Pietro Apostolo e la Chiesa di San Giovanni Decollato.
La Rocca di Nepi
Interessante è l’indagine turistica da svolgere all’ombra delle costruzioni civili e militari che formano l’ossatura di Nepi. Imprescindibile partire dalla Rocca dei Borgia, una complessa e imperitura fortificazione attraversata dalla Via Amerina e ricordata non soltanto per il possente mastio e i Bastioni Farnesiani, ma soprattutto per aver ospitato per lungo tempo personaggi di spicco come la famigerata Lucrezia Borgia e i papi Alessandro VI e Paolo III. Ritorna spesso il nome di Antonio da Sangallo il Giovane, che progettò anche il Palazzo Comunale (eccezionale la fontana scenografica in travertino scolpita da Filippo Barigioni nel 1727, lo stesso anno in cui nacque il suggestivo Acquedotto), fra gli altri già comparsi in testo.Il parterre di edifici si infoltisce con i palazzi Celsi, Sansoni, Pisani, Savi e Floridi, oltre a Palazzo Melata e le torri medievali. Con tutti questi vanti, fu facile per Nepi essere inscritta fra le trame del Grand Tour, cioè l’insieme di località predilette da influenti personalità del mondo dell’arte e della politica che pervasero tempi non sospetti (William Turner e Massimo D’Azeglio furono tra questi).